mercoledì 31 agosto 2011

Tre è meglio di Due?

Ieri ho avuto il mio primo appuntamento serale da quando sto col Fidanzato.
Prima erano i miei preferiti, abitavo ancora con mia mamma e le dicevo semplicemente che uscivo con un ragazzo nuovo.
In fondo non era mai una bugia e, il solo fatto che omettessi la parte del regalo, non significava certo mentire o doversi sentire in difetto.
Da 6 mesi a questa parte però le mie sere sono tutte molto occupate, un po' dalle attività fisiche accessorie e in gran parte dal fidanzato che, da buon calabro d.o.c., ritiene che non esista un limite accettabile al tempo che una coppia dovrebbe passare insieme.

Lavorando entrambi tutto il giorno, del resto, non stupisce che la sera, stanchi e assetati di coccole, ci riduciamo sempre a chiuderci in casa guardando per qualche ora telefilm al pc.

E vivendo io da sola l'inevitabile conseguenza è che il mio piccolo monolocale di 40 metri quadri non fa che aumentare l'effetto claustrofobia nella coppia.
(Effetto che a quanto pare piace davvero tanto ad entrambi)

Quello di ieri è forse il mio cliente preferito in assoluto.
Imprenditore immobiliare, una persona colta, gentile ed educata che sa dove finisce il gioco e dove inizia la vita privata.
Abituale ma mai abutidinario, mi chiama "la sua fidanzatina" e non fa altro che riempirmi di complimenti.

Ci siamo visti al solito posto alle 21, dopo dieci minuti di sesso caldo ma dolce mi chiede se può chiamare un suo amico e se mi va di variare un po' la routine.
E' l'amico più carino che ho, vedrai ti piacerà.
Pattuito il compenso mi fa telefonare.
"ti unisci a noi"?
Aveva una cena a cui andare ma il suo amico insiste "Falla finita e vieni qui, ti stiamo aspettando".

Quando suonano alla porta apro tutta nuda, lo accompagno fino alla soglia della stanza da letto e gli spiego che con i vestiti non può andare oltre, deve spogliarsi.
Non è per niente carino come speravo e da nudo è qualcosa di decisamente peggiore.

La tragedia degli uomini con il membro piccolo non è tanto la dimensione di per sè, ma il fatto che spesso sono gli stessi che, forse per qualche ansia da prestazione, si eccitano con molta difficoltà.

E così mentre lui si spoglia, alzato ai piedi del letto, io lavoro di bocca col mio costruttore per farlo eccitare un po'.
Non funziona, così mi concentro su di lui, dovendo trascurare il mio adorato cliente abituale, sempre col pensiero fisso all'idea che uno così come cliente proprio non lo vorrei.
E infatti quando finalmente riesco nell'impresa e il costruttore lo prega di mettersi il preservativo, subito si riammoscia, ringrazia, saluta e se ne va.

Noi continuiamo nel terrazzo, con una cornice di luci notturne della nostra splendida città e con la lieve brezza che da tregua ai nostri polmoni.
Dopo un'ora mi implora di rimanere, ma io ho altri appuntamenti, proprio non posso, devo avere un minimo d'anticipo per queste cose.

E devo dire che m'è davvero dispiaciuto, ieri sera sarei stata volentieri fino a notte con lui, ma a volte è così bello e divertente che chiedergli la tariffa normale mi pare quasi un controsenso.

Ma è lavoro, che ci volete fare?

L'inizio


Mi chiamo Giorgia, ho 23 anni e sono un'Accompagnatrice.


Non ho scoperto l'acqua calda.
Ho solo trasformato la mia più grande passione in un passatempo molto remunerativo.

Avevo ancora diciotto anni quando, uscita da una di quelle lunghissime storie d'amore di cui non ricordi nemmeno l'inizio, ho cominciato a passare da un uomo all'altro alla ricerca di puro e semplice piacere effimero.

Un bel giorno, salutando un compagno di una notte (uno psicologo, per la precisione), lui ha insistito per farmi un regalo, dicendosi incantato dalla mia dolcezza e semplicità.
Mi disse che secondo lui valevo davvero tanto, come persona e come donna, e che non dovevo buttarmi via regalandomi a chiunque.
E' stato forse quello il giorno che ho preso coscienza che la mia passione, più che un problema da analizzare, era un dono da sfruttare.

Negli ultimi 4 anni sono passata attraverso diverse crisi esistenziali, allontanandomi da questi incontri per poi tornare ogni volta più desiderosa di prima.

Ho sempre lavorato, fin da quando ero molto piccola, e da quando sono nel mondo del lavoro (da ufficio) conduco faticosamente ma con soddisfazione una specie di doppia vita, mantenendo quei pochi ma splendidi affezionati clienti, selezionati in base a mie rigide valutazioni, e dedicando loro striminzite ore, ritagliate nelle pause pranzo o nelle serate dopo il mio lavoro da responsabile amministrativa.

Non so se avete idea di quanto sia frustrante passare otto ore dentro un ufficio di dementi mentali, pagata 7 euro l'ora (meno di una colf) quando con mezz'ora di macchina raggiungo uomini che mi amano, mi viziano e mi coccolano come fossi l'unica al mondo.

Ultimamente mi capita troppo spesso di pensare che dovrei dedicarmi solo alle mie passioni, senza buttare via il mio tempo in un maledetto ufficio ma poi vengo presa dalle paure più assurde.
E se non riuscissi a mantenermi economicamente? Se non potessi più entrare nel mondo del lavoro tanto facilmente?

E poi c'è la questione sociale. Come spiegherei ad un fidanzato (attualmente ne ho uno che è un tesoro) che il mio lavoro è free lance, ben pagato e non "raccontabile"? Gli dico che sono una spia della C.I.A.?