venerdì 22 novembre 2013

Clienti e Clienti

Ho letto decine di libri da ragazzina su come far impazzire un uomo, su cosa gli uomini vogliono da una donna e cosa una donna deve fare per conquistare l'uomo dei suoi sogni.
Ho sempre ottenuto tutto ciò che volevo dagli uomini, ho sempre fatto di loro ciò che volevo e ho giocato con le loro persone per i miei scopi personali.
Conquistare un uomo, ho imparato, è semplice e, ormai potrei dire, quasi meccanico. Del resto, per quanto ogni uomo sia diverso dall'altro, quello che vogliono e sognano è sempre abbastanza palese, perchè gli uomini amano esser espliciti anche solo grazie ai loro gesti e alle loro attenzioni.
Però ora che da oltre un anno non mi devo più preoccupare di cercare alcun uomo, ho un problema del tutto nuovo per me, un problema che non riesco ad affrontare e vincere: non riesco ad avere clienti uomini sul lavoro che poi non vogliano altro di personale da me.

Probabilmente ho imparato fin troppo bene l'arte del sedurre, ma mai quella di metter dei limiti agli uomini.
Puntualmente cerco di portare in ufficio nuovi clienti e puntualmente mi accorgo (o mi dicono anche molto esplicitamente) che da me vorrebbero altro.
Eppure non mi sembra di dare spazi di questo genere, non mi sembra di aver scritto in fronte "Sono a vostra disposizione in ogni posizione!".
Così, visto che la mia titolare è fin troppo figa sotto ogni punto di vista e ti aiuta come fosse una sorella più grande, ho deciso di parlarle l'altro giorno, cogliendo l'occasione di una sua battuta circa un nostro cliente che a suo dire è innamorato di me.
Le ho spiegato il mio grosso problema, che spesso in passato mi ha portata addirittura ad esser seguita o comunque fortemente infastidita.
Lei è una bellissima donna che gli uomini però rispettano e ammirano nei limiti che lei impone.
Sembra, a volte, che la temano. Altre che ne siano platonicamente innamorati.
Ma nessuno mai si permette di superare i paletti, nonostante lei sia affascinante senza frenarsi mai.
Così mi sono sempre chiesta se non potessi imparare molto da lei, senza mai avere il coraggio di esporle le mie problematiche per paura di far cadere il discorso su esperienze passate che tengo segrete a tutti.

Il nostro confronto è stato quasi illuminante. Mi ha detto che ha notato questo mio problema e che io tendo ad abbassare la guardia troppo spesso con gli uomini, proprio grazie e per colpa della mia spontaneità.

Ma come si può evitare che questo accada e, soprattutto, come fare per bloccare un uomo e il suo slancio quando questo uomo è un cliente da milioni di euro che rischi di perdere se lo offendi?

"Cara Giorgia, dovresti prendere esempio dal Tango" - mi dice lei - "Uomini e donne sono sui due lati opposti della sala. L'uomo inizia a fissare la donna a cui è interessato. Lei lo guarda e se ritiene che le possa piacere ricambia lo sguardo anche per interi minuti. Se invece capisce di non esser interessata, la donna smette subito di guardarlo, così che l'uomo capisca che lei lo rifiuterebbe ed evita l'umiliazione di scoprirlo di persona."

Non c'è niente di peggio, scopro, che l'umiliazione di esser rifiutato, per un uomo.
Così il nostro dovere è quello di esser molto sensibili ai loro atteggiamenti e con la non chalance di un'attrice professionista, buttar lì fin dall'inizio che si è impegnate e non interessate ad altro.

"Ad esempio" - mi racconta - "L'altro giorno ero a pranzo con un cliente che ad un certo punto ha iniziato a farmi dei complimenti personali. Subito, ridendo, gli ho detto di non farsi sentire perchè mio marito, che lavora anche con me, spesso a pranzo veniva in quel ristorante ed è l'uomo più geloso del pianeta".
Non importa, mi raccomanda, se poi non sia vero. L'importante è che permetti al tuo cliente di capire subito che non può spingersi oltre, altrimenti rischierai di dargli l'impressione che ci sia un implicito via libera e scoprirà troppo tardi che il tuo era solo un modo di esser gentile e accomodante.
"E allora in un attimo" - mi ammonisce - "diventerai una troia, perchè avrai fatto la civetta ma poi gli dovrai dire che si è fatto l'idea sbagliata, umiliandolo e rifiutandolo".

Monica è una donna intelligente come non ne ho mai conosciute. Aperta al confronto e spesso fin troppo sveglia per poterla sottovalutare anche solo per un attimo.
Così decido di ammettere le mie colpe con un cliente.
"Sai, ho avuto un problema con quel bancario che abbiamo conosciuto a quell'evento della scorsa settimana" - le confesso - "Ricordi che eravamo straconvinte che fosse gay? Beh, non lo era affatto e ora mi sta tampinando. Cosa dovrei fare secondo te?" Mi guarda con un sorriso complice e ammette che "L'ho visto cosa è successo: hai abbassato la guardia in modo davvero ingenuo quella sera! Però sei giustificata, sembrava davvero gay!" - sorride complice e continua dicendo che - "mentre ridevate insieme muovevi la testa e ti passavi le mani nei capelli, gli hai toccato più volte il braccio e, fammi indovinare, scommetto che non hai fatto capire in alcun modo che sei impegnata!"
Mi coglie proprio in fallo, lo devo ammettere. Non mi ero minimamente resa conto di aver avuto questi atteggiamenti. Ricordo solo che ero stata molto bene, avevo riso con lui come avrei fatto con una donna, e ci siamo divertiti da matti.
"Hai ragione, ma ora come posso rimediare? Continua a chiedermi di uscire e mi parla della sua ex, io volevo solo vendergli qualcosa, non me stessa!"
"Adesso hai una sola chance di uscirne senza rovinare il rapporto o offenderlo: devi chiedergli scusa". Mi spiega e così decido di chiamarlo davanti a lei, così che se ci fossero errori lei stessa possa immediatamente evidenziarmeli.
"Ciao Fabrizio, sono Giorgia, come stai?" ... "Sai, mi devo scusare perchè mi sono resa conto solo ora di essermi comportata male con te, purtroppo è colpa mia, mi capita sempre di dare l'impressione sbagliata perchè sono troppo espansiva e ambigua e davvero mi dispiace tantissimo perchè sei una persona fantastica e non avevo alcuna intenzione di mancarti di rispetto! Possiamo rimediare con la nostra amicizia?"

E' stato quasi incredibile con che naturalezza d'improvviso lui sia passato da confuso, arrabbiato, offeso e poi...BOOM: grato per quello che gli avevo detto!

"Giorgia, dispiace a me aver frainteso, tu sei una ragazza così bella e dolce, così genuina che ho sperato in altro e me ne dispiaccio. Sono contento che tu mi abbia fatto questa telefonata perchè dimostri nuovamente di esser davvero una ragazza magnifica. No, ma certo che non mi hai mancato di rispetto, figurati, anzi, quando vuoi sarò felice se verrai a trovarmi a lavoro visto che quel cantiere dobbiamo farlo comunque! Coglierò l'occasione per offrirti un caffè e scusarmi di aver passato il limite."

Incredibile. Sono rimasta scioccata. Lui chiedeva scusa a me di aver passato il limite e voleva rimediare.
Troppe volte, rifiutando un uomo, questi mi ha odiata ed ha chiuso ogni rapporto con me, facendomi sentire in colpa per averlo illuso. E troppe volte io mi ero arrabbiata perchè credevo di non averli affatto illusi e additando questi uomini con maniaci che non pensano ad altro che al sesso.

Monica invece mi ha insegnato che si, l'errore è mio, che rimediare è semplice, e che evitarlo lo è ancora di più!

sabato 6 aprile 2013

Spendere due parole

Non avevo notato quanto Valeria fosse magra.
La prima volta che l'ho conosciuta fu in occasione del mio primo colloquio nell'azienda dove lavoro, ormai più di un anno fa.

Il primo dei troppi (!!) colloqui sostenuti per entrare qui me lo fece una ragazza di nome Gianna. Magra come uno stecco, portava una lunga gonna a tubino appena fin sotto le ginocchia, calze a rete nere a maglia larga e stivaloni con tacco vertiginoso.
La Gianna mi ha dato subito un'ottima impressione, forse per quel suo inconfondibile accento emiliano, la sua faccia stanca e sempre di corsa, e quella voce calma e dolce, quasi distrutta dal lavoro.
Appena mi presento alla porta la Gianna sembra stupita di vedermi:
"Salve, sei riuscita a venire nonostante la neve?".

Roma non conosce la neve, animale raro e forestiero per noi capitolini, e sotto due fiocchi la città va in panico, la gente tira fuori attrezzatura costosa comprata pensando all'apocalisse che con gioia finalmente può usare per dimostrare che anche i notoriamente sprovveduti romani sono in grado di affrontare le intemperie. Così la città di svuota di razionalità e si trasforma in un parco giochi per soli bambinoni alle prese con i loro giocattoli pieni di catene, pneumatici da neve e altre diavolerie che paralizzano tutta la viabilità.

"Beh, si - la guardo un po' scioccata per quella domanda - "Che avrei dovuto fare? Avevo il colloquio, era tardi per rimandare, mi sono incamminata presto ed ho guidato attentamente.".
Lei sembra seriamente scioccata, ma non sa che io al tempo avevo una super macchina di quelle vecchie e ruspanti che, nonostante l'assenza di servosterzo, abs, tecnologia di vario genere e chissà quali sistemi di sicurezza, di certo non si ferma davanti ad un po' di soffice neve sui sampietrini.
Il colloquio si rivela un piacevole scambio di informazioni. La Gianna ha studiato bene il mio curriculum e io mi sento quasi in colpa a non aver neanche capito bene di cosa si occupa l'azienda alla quale mi propongo per una posizione amministrativa.
Mi racconta con passione che vendono arredi per ufficio, arredi di alto livello di design ed ergonomia. E che, tanto per dirne una, la sedia girevole sulla quale poso il mio bel derrièr mentre parliamo costa mille euro.
Mi sento quasi spavalda, le ultime esperienze lavorative mi hanno scottata ben bene e non voglio sorprese da nessuno.
Certa delle mie capacità inizio a fare io il mio colloquio, ponendole domande sempre più incalzanti: "Come mai hai deciso di andartene? Come ti sei trovata a lavorare qui? Prima che io proceda con altri colloqui puoi darmi maggiori indicazioni sullo stato economico-finanziario della società?". Non fosse stato per la Gianna, sono sicura che non avrei avuto l'ostinazione necessaria per poter ottenere questo lavoro. Sapere di dover sostituire una donna in gamba ti carica di responsabilità ed è una sfida che ti poni davanti: dimostrare di essere la Numero Uno.

La mia collega Valeria è veramente magra, non lo avevo mai notato prima.
Quando l'ho conosciuta era incinta al nono mese, si ostinava a venire in ufficio anche quando facevo i primi colloqui finchè non ha partorito e si è goduta i suoi meritati 6 mesi di maternità per poi tornare a lavorare con noi quando io avevo già preso il cipiglio dell'esperta traghettatrice dell'intero ufficio.
Credo sia stato un bene aver iniziato a lavorare con lei solo dopo aver preso la mano e il polso del mio lavoro qui.
Lei è la tipica direttrice di un ufficio tecnico, carismatica, elegante, un po' dispotica e sicuramente scevra da ogni delicatezza tipica femminile. Ha un tatto puramente maschile per sgridare tutti, ma lo fa in piena coscienza delle proprie competenze. Purtroppo il suo tatto è lo stesso che rischia di metterla in pericolo di vita ogni volta che qualcuno sbaglia e vorrebbe strozzarla.
Valeria ha avuto una bambina bellissima e ora che la piccola ha compiuto un anno doveva trovare una baby sitter part time, così le ho fatto conoscere la mia migliore amica, la mia quasi sorella da dieci anni, Valentina. Valentina, come me, sa il fatto suo. E' una studentessa di giurisprudenza, eccelle in tutto quello che fa, e da quando ha iniziato a fare babysitting per arrotondare ha scoperto di avere anche una grandissima pazienza e competenza con i bambini.
A Valeria è bastata una semplice prova, o forse (ma non lo ammetterà mai) il semplice fatto che a consigliarla sia stata io, per decidere di assumere Valentina.
Così ieri all'uscita dal lavoro ho accompagnato Valeria a casa, sarei dovuta uscire con Valentina, tanto valeva fare un solo giro e curiosare anche un po' nella vita di quella mia collega così autoritaria e navigata, colei che sa tutto e impone la propria filosofia a chiunque si trovi a tiro.
La sua casa rispecchia uno stile che non le appartiene affatto e quando conosco finalmente il compagno capisco molte cose di lei.
Lui tiene le fila di un microcosmo di dittatura, come fosse l'unico uomo al mondo che possa sottometterla.
E' più grande di lei, affascinante nel suo completo da lavoro informale del venerdì, composto da un pantalone a coste marrone scuro abbinato ad una camicia bianca che gli scolpisce le spalle da tennista e un maglioncino in tinta marrone a cingergli il collo.
Uno di quegli uomini che troveresti sexy anche con indosso un jeans strappato e una t-shirt con scritto "Baciami il deretano".
Vederlo con la bambina fa una certa impressione, hanno lo stesso identico viso, stessi colori e lineamenti, e si schiacciano l'uno all'altra come due gocce d'acqua.
Valeria è a suo agio nel suo ambiente, vorrebbe fare gli onori di casa offrendoci qualcosa ma, mentre l'attenzione di Valentina è totalmente persa nello sguardo della bambina di un anno che gesticola e mugugna, io sono estasiata dalla vista che scorgo dalla finestra di casa loro dove, imponente e magnifico, splende lo spettacolo di Roma davanti i miei occhi, uno scorcio del biondo Tevere sovrastato dalle cupole e dai palazzi ottocenteschi che non riesco a smettere di fissare.
"Ho una sorpresa per te, Giorgia, sta venendo a trovarci Gianna!"
Gianna, dio mio, è un anno che non la vedo, mi aveva chiesto di uscire e per mancanza di tempo non eravamo mai riuscite a farlo veramente.

Torno a casa consolata da quella liberatoria sensazione di aver incontrato qualcuno che non ti aspetti, in un posto che non conosci, che ti lascia addosso così tanto, tanto affetto e sincera commozione.
Valentina è con me, questa sera saremo solo ragazze per un'uscita a tre come non la facevamo da tempo.
Marica sta per arrivare e alla mia dolce metà ho dato il via libera per una serata a base di pizza con i suoi amici.
Tutto scorre così veloce, un prosecco nell'attesa, un tavolo grande dove brindiamo al mio rinnovo di contratto e ridiamo fino a tardi. Tre pazze donne allo sbaraglio divertite dalle nostre stesse malefatte del presente e del passato.
Domani dovrò svegliarmi presto, rifletto alla fine della serata, mi aspettano due ore di coccole dall'estetista, due ore di shopping e un pomeriggio di studio sul discorso che dovrò tenere mercoledì.

Poco prima di uscire dal lavoro, la mia titolare, Monica, si è "ricordata" di dirmi che martedì sera prenderemo un treno e andremo al nord da alcuni nostri clienti, io e lei come sempre, e che ci sarà questa riunione dove "sarebbe bene che tu spendessi qualche parola sul nuovo portale acquisti".
Bene, 4 ore di treno ad andare e 4 a tornare. 8 ore in treno a lavorare. Ci sono già passata una volta e, tolto il mio odio per i treni, non credo di poter affrontare ancora tutte quelle ore con Monica che detta, comunica, domanda e comanda.
"Se volessi andare con l'aereo ti darebbe fastidio? - azzardo con un sorrisetto complice. Lei è d'accordo, così prenoto subito tutto e procedo nel mettere a fuoco mentalmente l'elemento "SPENDERE-DUE-PAROLE" che un attimo prima era passato inosservato nella mia testa, offuscato dal terrore di tutte quelle ore in treno.
Non sono nata per trovarmi impreparata davanti ai problemi così faccio una breve indagine segreta.
Al meeting saremo 120 persone.
Dovrò parlare davanti a 120 persone.
Sponsorizzare un portale davanti a 120 fornitori da tutta europa.
E magari, non so, Monica mi costringerà pure a vestirmi come dice lei, mezza scosciata, perchè credo provi un certo gusto a vedermi in imbarazzo.
Le due ore di shopping mi hanno salvata dal terrore del "Che cavolo mi metto?" ma decisamente dovrò provare questo discorso.
Decisamente dovrò acquistare un flaconcino per nasconderci un buon vino, così magari le parole usciranno più facilmente.

Mercoledì, non ti temo!

venerdì 5 aprile 2013

Con gli uomini è tutto più semplice (?)

Tutto prende forma sotto quelle splendide, morbide, mentite spoglie donate da un bicchiere di Gewurztraminer.
Lui è lì e si sente quasi obbligato a dimostrare la sua mascolinità perchè ho passato il pomeriggio a piangere rinfacciandogli che non è un uomo colui che non mi vuole e non mi cerca, colui che, unico al mondo, non vuole approfittare delle mie membra indifese buttate sul letto accanto a lui.
Eppure ci sono così tanti ragazzi, uomini, pervertiti lì fuori; tanti che vorrebbero quello che per lui è così semplice prendere con un solo gesto.
"Non sono abituato a chiedere" - continua a ripetere - "Mi piace quando a provocarmi sei tu!"
Eh già, a provocarlo sono io, da due anni ormai, e lui continua a far la parte dell'innocente inseguito dalla mangia uomini.
E nelle mie manie introspettive so che l'errore è mio, che quando l'ho conosciuto ho rifiutato il suo primo invito e da allora non si è più fatto avanti, finchè non ho preso io la situazione in mano.
Probabilmente fosse stato per lui sarebbe finito tutto lì, davanti a quel mio primo "Stasera non posso, ho l'estetista".
Ma in fondo era vero, non si trattava di una scusa. Erano le 18 quando mi chiese di uscire, di andarci a mangiare una cosa insieme quella stessa sera.
Ma io non sono una che rimanda un appuntamento, se non forse per questioni di lavoro, così rimasi quasi contrariata di quell'invito istintivo e poco convinto.
E da quel mio "No" lui non fece più un passo.

Mi prende e mi sbatte come non faceva da mesi, ha deciso che deve dimostrarmi che mi ama. Il mio discorsetto ha colpito nel segno e lui si impegna come non mai per rendermi felice e sazia. "Tu non devi chiedere, tu devi prendere! Sono tua e tu non mi vuoi, non capisci quanto è frustrante?".

Due giorni prima ho trovato l'ennesimo biglietto sulla macchina. L'ennesimo anonimo/a che ha qualcosa da dire e che cela il proprio volto dietro una scrittura stampatello appositamente irriconoscibile.
Un messaggio casto, un augurio per la Pasqua indirizzato a me, "Bella", mi definisce.
Ringrazio mentalmente, e subito ecco di nuovo assalirmi l'ansia e la paura.
Do sempre troppa confidenza alle persone. Il mio ufficio si è trasferito qui solo da luglio scorso e già conosco tutto il quartiere, baci e abbracci con tutti, dal parrucchiere ai baristi, passando per tutti i negozianti e i dipendenti degli uffici.

La mia titolare, Monica, insiste nel dire che sono una commerciale nata e che dovrei riflettere sul fatto di cambiare ruolo nell'azienda.
Sia chiaro, lei mi definisce "la migliore nel mio lavoro", ma i suoi 25 anni di esperienza da commerciale per aziende di design e arredo ufficio la rendono una procacciatrice d'affari veramente superba, oltre chè una donna di una classe impareggiabile, e credo di dover accogliere con doveroso rispetto e compiacimento un complimento come questo.
Avere una donna per titolare è un'esperienza del tutto nuova per me.
Quasi spiazzante.
Nessuno mi ha mai insegnato a rapportarmi con le donne, credo sia perchè si pensa sia scontato che una donna possa riuscirci.
Mia madre mi ha sempre messa in guardia contro gli uomini e, devo ammetterlo senza un filo di modestia, in questo sono bravissima.
Ma con lei, a un anno dall'assunzione, ancora non abbiamo rotto quel sottile distacco professionale che ci divide.
Lei cerca di farmi complimenti che io respingo.
Io non sono capace di far complimenti ad una simile donna perfetta.
Sarebbe troppo, credo.

Monica mi stimola, mi costringe a crescere professionalmente. Mi fa intrattenere rapporti seri con i clienti, mi rende responsabile di questioni delicate, ogni tanto mi spedisce al nord con una Freccia di prima classe per curare quelli che sono i clienti con maggior fatturato.

Ritrovarmi a discutere di lavoro, a soli 24 anni, con super manager di altissimo livello, senza esser nuda in un letto di un hotel a 4 stelle....beh, devo ammetterlo, è qualcosa a cui non riesco proprio ad abituarmi.

Del resto con gli uomini mi rapporto molto più facilmente. Con loro è più semplice, soprattutto nel lavoro o in amicizia:
1) loro vogliono portarti a letto
2) tu te la tiri e giochi con le parole
3) per accorciare le distanze loro si confidano con te
4) basta poco e si ritrovano ad aver bisogno di te come confidente e come preziosa collaboratrice
5) finchè ad un certo punto non ci provano più. Hanno solo bisogno di te.

Eh si, con gli uomini è tutto più semplice.

Con tutti tranne il mio.

giovedì 3 gennaio 2013

Dipendenza dalle dipendenze


Non lo faccio apposta.
Sono dipendente dalle dipendenze.
E quando riesco a combatterne una è solo perchè l'ho sostituita con un'altra.

Sono sparita, ho spento il cellulare, ho sostituito la Giorgia che ero con la Giorgia che voglio essere.

E questo mi ha fatto piangere, mi ha tolto il sonno e mi ha lasciato con dolori così forti che nulla avrebbe mai potuto convincermi che non ce la stavo mettendo tutta.

Oggi sono dieci mesi.

Dieci mesi senza clienti, o meglio dieci mesi dalla mia decisione di farla finita.
Ho avuto delle ricadute che mi hanno fatta vacillare tantissimo, ma ora posso dire che ne sono fuori.
E la dipendenza dai miei sogni erotici, dai miei momenti di seduzione e follia, quella dipendenza forse non potrò sconfiggerla.
Ma la dipendenza dai clienti si.
Quella la combatto ogni giorno e ogni sera, quando mi corico a letto col mio uomo, è come se avessi vinto una nuova battaglia, come se fossi la regina del mondo.

Probabilmente non saprà mai quanto ho fatto per lui.
A volte sembra che pensi che io non mi metta in gioco, che io non faccia sacrifici.
Sono immersa nel lavoro h.24.
Torno a casa tardi, non cucino, non pulisco e non mi faccio bella per lui.
E forse dovrei sentirmi in colpa, forse dovrei capire quanto lui ne soffre.
Ma io SO a cosa ho rinunciato per il nostro amore e lui non lo saprà mai.

A volte sembra così felice, tranquillo.
Non mi cerca mai, non mi vuole.
E a me è passata ogni voglia.

Avete presente quando passa tanto tempo dall'ultima volta che avete fatto sesso e poi, quando ne fate di nuovo e di bello, improvvisamente non ne avete mai abbastanza?
Io al contrario ho smesso di cercare un uomo che non mi cercava.
Gliel'ho detto, ho espresso il mio dolore, e la sua risposta è stata che lui è sempre stanco.
Così ho smesso. Mi sono obbligata a farlo perchè non posso forzarlo ad amare il sesso con me.
So che sono brava e sexy, i miei clienti me lo hanno sempre detto e dimostrato.
Ma lui no, lui ha fatto passare un mese senza sfiorarmi e quando, alla fine, io l'ho toccato e abbiamo fatto l'amore, sono scoppiata a piangere, perchè l'ho odiato per avermi ignorata per un mese.
Sono partita con lui, nella sua città d'origine, in casa con i suoi genitori, con il ciclo.
Non mi sono nemmeno depilata, ho scoperto cosa significa non curarsi di sè.
Il 31 mattina ho deciso di amarmi di nuovo e di rendermi bella.
Non per lui, no.
Per me.
Perchè tutte le donne del suo paese sono splendide, curate, all'ultimo grido.
E io non voglio diventare una vecchia donna sposata a 24 anni.
Mi rifiuto di passare da bomba sexy a bidone solo perchè non facciamo sesso e lui mi ignora.

Così mi sono messa un bel vestitino, nulla di particolare, solo caldo e morbido.
Gli stivali ci vogliono quando fuori c'è la neve e i capelli con il trucco perfetto hanno chiuso un cerchio.

Voglio iniziare il nuovo anno con l'amore per me stessa, mi sono detta. E se lui non mi ama abbastanza da volermi sarà un suo problema, non mio.
Abbiamo litigato di nuovo, e nemmeno era iniziato il veglione.
Il mio astio nei suoi confronti è grande quasi quanto il mio amore.

Dopo aver litigato mi ha detto che non ne poteva più.
Che dopo cena avrebbe stappato uno spumante con i suoi amici e sarebbe andato a letto, perchè non voleva passare la serata con me iniziando l'anno con la consapevolezza che qualsiasi sforzo lui faccia per me non è mai abbastanza.
Ma lui non sa a cosa ho rinunciato io per lui.
Non lo sa e non agisce di conseguenza.
Mi ignora, moribonda in un letto freddo.
E io soffro ancor più vedendo come i suoi amici bramano anche solo un mio sguardo, mi desiderano e gli ripetono che è un ragazzo fortunato a stare con me.
Mentre lui sembra ignorare persino la mia presenza, oltre chè il mio dolore.

E più passa la serata e più mi tornano in mente i miei 18 anni, il sesso selvaggio con sconosciuti, M. che mi sbatteva contro un muro con violenza, S. che mi scopava fuori dalla macchina in un parcheggio illuminato. P. mi trascinò fuori dalla pista e mi fece sognare a occhi aperti sulle sabbia, sotto la luce della luna.

Ma il mio uomo no.
Non fa nemmeno la doccia con me.
Mi dorme accoccolato addosso, mi dice ogni giorno che mi ama.
Ma non fa l'amore con me, mi ignora e ignora il mio dolore.

La cena è servita e il vino scorre a fiumi.
Io sono astemia ma assaggio un po' di quel nettare perchè forse ho sbagliato tutto nella mia vita, ho sbagliato a rinunciare al sesso, a chiudermi nel mio convento e a sognare una vita fatta di cose genuine.
Lui è ubriaco già alle 22 e come sempre è l'anima della festa.
Balla la taranta, tracina le persone in pista, canta al microfono e versa vino a tutti.
E' bellissimo con quella camicia e quel maglioncino ma io non lo guardo più, perchè non voglio soffrire pensando che passerò un altro giorno piatto, pieno di balli e di "Ti amo", quando solo tre capodanni prima mi svegliavo la mattina con nel letto tre uomini senza ricordare bene se avevo fatto sesso con tutti e tre o meno.

Prende il microfono e canta una canzone d'amore, la dedica all'amore della sua vita, dice, alla sua donna unica e insostituibile. E' ubriaco e da spettacolo. Tutti ci guardano e ci invidiano.
Le ragazze mi odiano perchè lui è sexy e dichiara al mondo il suo amore per me.
I ragazzi lo odiano perchè vorrebbero esser al suo posto nel letto con me.
Nessuno sa che non mi tocca da un mese.
Nessuno sa che il suo amore è platonico e genuino e che la passione rimane nei miei ricordi passati come un pegno da pagare per la felicità del cuore.

La mezzanotte è passata.
Non ho neanche messo dell'intimo rosso, come non l'ha messo lui.
Che mi frega ormai dell'intimo che metto, potrei avere un corpetto di lurex stringato e lui non lo saprebbe mai.

"Devo andare al bagno, andiamo a casa, a soli cento metri, così mi rifaccio il trucco."
Sono tutte splendide e sbavano sul mio uomo, e io ho il trucco sbavato e ho bisogno di una boccata d'aria per fuggire da tutto ciò.
Ma lui è così ubriaco che non vuole fare quei cento metri per andare a casa.
"Mi faccio dare la chiave di una stanza dell'hotel così andiamo al bagno senza uscire al freddo" - mi dice.
E' troppo euforico per l'alcool e non mi ascolta. Non gliene frega niente se mi sento uno schifo. Saliamo in una camera sfitta a fare la pipì.
Lui canta ancora, mi abbraccia in stanza.
Ho freddo, il riscaldamento è spento e ho paura che se non mi sbrigo tutti sapranno che sono in una stanza dove non dovrei essere e che non ho pagato e penseranno chissà cosa. Non voglio dare altri motivi alla gente per invidiarci quando in realtà non ve ne sono.
Non voglio sentirmi dire che ho il broncio e che dovrei ritenermi una donna fortunata ad avere un uomo che canta ai quattro venti il suo amore per me.

In quella stanza il freddo è peggio che fuori.
Ma lui non mi lascia respirare il gelo tra noi. Posseduto mi bacia profondamente e io lo scanso.
"Potrebbe entrare qualcuno in qualunque momento. Dai, torniamo giù" gli dico.
Usciamo dalla stanza e facciamo le scale ma al mezzanino mi addossa al muro e mi bacia ancora.
Non mi lascia divincolarmi e quasi mi sento impotente di fronte a quella che sembra una fiamma di passione.

"Torniamo su" - mi dice
"Non si può, non è la nostra stanza" - gli ripeto.
Ma lui è ubriaco e mi trascina su per le scale, riapre la stanza vuota e mi butta sul letto.
"Ti amo, ti amo, sei la mia donna, la mia porcellina vogliosa e io ho voglia di te"
Mi spoglia, mi scopre le mutandine e mi lecca con violenza.
"Ti leccherei tutta la notte" mi dice.
"Pensavo che non ti piacesse molto"
"Non hai capito proprio niente di me!".
Mi lecca forte e io prendo in bocca il suo membro mentre lui dice cose che mai avrei pensato neanche nei sogni.
Sarà il vino ma non l'ho mai visto così duro e grosso, mi ha fatto davvero paura.
E continua a scoparmi, me lo infila dentro senza preoccuparsi di farmi male, mi infila insieme anche le dita, mi scopa contro la testiera del letto, mi gira e mi scopa da dietro.
Sono come un pesce che è stato tirato fuori a forza dall'acqua.
Sono sotto shock.
E lui mi dice che mi ama così, porcella, porca, vogliosa e istigatrice.
Dice che non si eccita se non lo provoco e che è questo il motivo per cui non facciamo più l'amore: ho smesso di provocarlo.
Mi possiede per due ore, quando dall'inizio della nostra storia il record era forse un quarto di quel tempo.
Mi possiede come si fa con un'amante clandestina conosciuta ad un cenone di capodanno e portata di nascosto nella stanza da letto di un hotel dove non dovresti essere che al ristorante.
Mi possiede e non vuol lasciarmi andare.

Il sangue è tornato nelle mie vene.
Ho capito perchè tutto questo è accaduto.
Ho capito perchè l'amore è tanto difficile.
Pensavo di conoscere gli uomini e il sesso, ma non ho mai dedicato l'attenzione necessaria al mio di uomo e al nostro di sesso.
Non ho mai capito che lui vuole da me quel brivido che io sognavo tornando ai miei 18 anni.
Non avevo capito niente.

Ma ora ho una nuova dipendenza, la dipendenza dal mio uomo.
E nulla permetterà che io ne esca se non lo vorrò io.