sabato 6 aprile 2013

Spendere due parole

Non avevo notato quanto Valeria fosse magra.
La prima volta che l'ho conosciuta fu in occasione del mio primo colloquio nell'azienda dove lavoro, ormai più di un anno fa.

Il primo dei troppi (!!) colloqui sostenuti per entrare qui me lo fece una ragazza di nome Gianna. Magra come uno stecco, portava una lunga gonna a tubino appena fin sotto le ginocchia, calze a rete nere a maglia larga e stivaloni con tacco vertiginoso.
La Gianna mi ha dato subito un'ottima impressione, forse per quel suo inconfondibile accento emiliano, la sua faccia stanca e sempre di corsa, e quella voce calma e dolce, quasi distrutta dal lavoro.
Appena mi presento alla porta la Gianna sembra stupita di vedermi:
"Salve, sei riuscita a venire nonostante la neve?".

Roma non conosce la neve, animale raro e forestiero per noi capitolini, e sotto due fiocchi la città va in panico, la gente tira fuori attrezzatura costosa comprata pensando all'apocalisse che con gioia finalmente può usare per dimostrare che anche i notoriamente sprovveduti romani sono in grado di affrontare le intemperie. Così la città di svuota di razionalità e si trasforma in un parco giochi per soli bambinoni alle prese con i loro giocattoli pieni di catene, pneumatici da neve e altre diavolerie che paralizzano tutta la viabilità.

"Beh, si - la guardo un po' scioccata per quella domanda - "Che avrei dovuto fare? Avevo il colloquio, era tardi per rimandare, mi sono incamminata presto ed ho guidato attentamente.".
Lei sembra seriamente scioccata, ma non sa che io al tempo avevo una super macchina di quelle vecchie e ruspanti che, nonostante l'assenza di servosterzo, abs, tecnologia di vario genere e chissà quali sistemi di sicurezza, di certo non si ferma davanti ad un po' di soffice neve sui sampietrini.
Il colloquio si rivela un piacevole scambio di informazioni. La Gianna ha studiato bene il mio curriculum e io mi sento quasi in colpa a non aver neanche capito bene di cosa si occupa l'azienda alla quale mi propongo per una posizione amministrativa.
Mi racconta con passione che vendono arredi per ufficio, arredi di alto livello di design ed ergonomia. E che, tanto per dirne una, la sedia girevole sulla quale poso il mio bel derrièr mentre parliamo costa mille euro.
Mi sento quasi spavalda, le ultime esperienze lavorative mi hanno scottata ben bene e non voglio sorprese da nessuno.
Certa delle mie capacità inizio a fare io il mio colloquio, ponendole domande sempre più incalzanti: "Come mai hai deciso di andartene? Come ti sei trovata a lavorare qui? Prima che io proceda con altri colloqui puoi darmi maggiori indicazioni sullo stato economico-finanziario della società?". Non fosse stato per la Gianna, sono sicura che non avrei avuto l'ostinazione necessaria per poter ottenere questo lavoro. Sapere di dover sostituire una donna in gamba ti carica di responsabilità ed è una sfida che ti poni davanti: dimostrare di essere la Numero Uno.

La mia collega Valeria è veramente magra, non lo avevo mai notato prima.
Quando l'ho conosciuta era incinta al nono mese, si ostinava a venire in ufficio anche quando facevo i primi colloqui finchè non ha partorito e si è goduta i suoi meritati 6 mesi di maternità per poi tornare a lavorare con noi quando io avevo già preso il cipiglio dell'esperta traghettatrice dell'intero ufficio.
Credo sia stato un bene aver iniziato a lavorare con lei solo dopo aver preso la mano e il polso del mio lavoro qui.
Lei è la tipica direttrice di un ufficio tecnico, carismatica, elegante, un po' dispotica e sicuramente scevra da ogni delicatezza tipica femminile. Ha un tatto puramente maschile per sgridare tutti, ma lo fa in piena coscienza delle proprie competenze. Purtroppo il suo tatto è lo stesso che rischia di metterla in pericolo di vita ogni volta che qualcuno sbaglia e vorrebbe strozzarla.
Valeria ha avuto una bambina bellissima e ora che la piccola ha compiuto un anno doveva trovare una baby sitter part time, così le ho fatto conoscere la mia migliore amica, la mia quasi sorella da dieci anni, Valentina. Valentina, come me, sa il fatto suo. E' una studentessa di giurisprudenza, eccelle in tutto quello che fa, e da quando ha iniziato a fare babysitting per arrotondare ha scoperto di avere anche una grandissima pazienza e competenza con i bambini.
A Valeria è bastata una semplice prova, o forse (ma non lo ammetterà mai) il semplice fatto che a consigliarla sia stata io, per decidere di assumere Valentina.
Così ieri all'uscita dal lavoro ho accompagnato Valeria a casa, sarei dovuta uscire con Valentina, tanto valeva fare un solo giro e curiosare anche un po' nella vita di quella mia collega così autoritaria e navigata, colei che sa tutto e impone la propria filosofia a chiunque si trovi a tiro.
La sua casa rispecchia uno stile che non le appartiene affatto e quando conosco finalmente il compagno capisco molte cose di lei.
Lui tiene le fila di un microcosmo di dittatura, come fosse l'unico uomo al mondo che possa sottometterla.
E' più grande di lei, affascinante nel suo completo da lavoro informale del venerdì, composto da un pantalone a coste marrone scuro abbinato ad una camicia bianca che gli scolpisce le spalle da tennista e un maglioncino in tinta marrone a cingergli il collo.
Uno di quegli uomini che troveresti sexy anche con indosso un jeans strappato e una t-shirt con scritto "Baciami il deretano".
Vederlo con la bambina fa una certa impressione, hanno lo stesso identico viso, stessi colori e lineamenti, e si schiacciano l'uno all'altra come due gocce d'acqua.
Valeria è a suo agio nel suo ambiente, vorrebbe fare gli onori di casa offrendoci qualcosa ma, mentre l'attenzione di Valentina è totalmente persa nello sguardo della bambina di un anno che gesticola e mugugna, io sono estasiata dalla vista che scorgo dalla finestra di casa loro dove, imponente e magnifico, splende lo spettacolo di Roma davanti i miei occhi, uno scorcio del biondo Tevere sovrastato dalle cupole e dai palazzi ottocenteschi che non riesco a smettere di fissare.
"Ho una sorpresa per te, Giorgia, sta venendo a trovarci Gianna!"
Gianna, dio mio, è un anno che non la vedo, mi aveva chiesto di uscire e per mancanza di tempo non eravamo mai riuscite a farlo veramente.

Torno a casa consolata da quella liberatoria sensazione di aver incontrato qualcuno che non ti aspetti, in un posto che non conosci, che ti lascia addosso così tanto, tanto affetto e sincera commozione.
Valentina è con me, questa sera saremo solo ragazze per un'uscita a tre come non la facevamo da tempo.
Marica sta per arrivare e alla mia dolce metà ho dato il via libera per una serata a base di pizza con i suoi amici.
Tutto scorre così veloce, un prosecco nell'attesa, un tavolo grande dove brindiamo al mio rinnovo di contratto e ridiamo fino a tardi. Tre pazze donne allo sbaraglio divertite dalle nostre stesse malefatte del presente e del passato.
Domani dovrò svegliarmi presto, rifletto alla fine della serata, mi aspettano due ore di coccole dall'estetista, due ore di shopping e un pomeriggio di studio sul discorso che dovrò tenere mercoledì.

Poco prima di uscire dal lavoro, la mia titolare, Monica, si è "ricordata" di dirmi che martedì sera prenderemo un treno e andremo al nord da alcuni nostri clienti, io e lei come sempre, e che ci sarà questa riunione dove "sarebbe bene che tu spendessi qualche parola sul nuovo portale acquisti".
Bene, 4 ore di treno ad andare e 4 a tornare. 8 ore in treno a lavorare. Ci sono già passata una volta e, tolto il mio odio per i treni, non credo di poter affrontare ancora tutte quelle ore con Monica che detta, comunica, domanda e comanda.
"Se volessi andare con l'aereo ti darebbe fastidio? - azzardo con un sorrisetto complice. Lei è d'accordo, così prenoto subito tutto e procedo nel mettere a fuoco mentalmente l'elemento "SPENDERE-DUE-PAROLE" che un attimo prima era passato inosservato nella mia testa, offuscato dal terrore di tutte quelle ore in treno.
Non sono nata per trovarmi impreparata davanti ai problemi così faccio una breve indagine segreta.
Al meeting saremo 120 persone.
Dovrò parlare davanti a 120 persone.
Sponsorizzare un portale davanti a 120 fornitori da tutta europa.
E magari, non so, Monica mi costringerà pure a vestirmi come dice lei, mezza scosciata, perchè credo provi un certo gusto a vedermi in imbarazzo.
Le due ore di shopping mi hanno salvata dal terrore del "Che cavolo mi metto?" ma decisamente dovrò provare questo discorso.
Decisamente dovrò acquistare un flaconcino per nasconderci un buon vino, così magari le parole usciranno più facilmente.

Mercoledì, non ti temo!

venerdì 5 aprile 2013

Con gli uomini è tutto più semplice (?)

Tutto prende forma sotto quelle splendide, morbide, mentite spoglie donate da un bicchiere di Gewurztraminer.
Lui è lì e si sente quasi obbligato a dimostrare la sua mascolinità perchè ho passato il pomeriggio a piangere rinfacciandogli che non è un uomo colui che non mi vuole e non mi cerca, colui che, unico al mondo, non vuole approfittare delle mie membra indifese buttate sul letto accanto a lui.
Eppure ci sono così tanti ragazzi, uomini, pervertiti lì fuori; tanti che vorrebbero quello che per lui è così semplice prendere con un solo gesto.
"Non sono abituato a chiedere" - continua a ripetere - "Mi piace quando a provocarmi sei tu!"
Eh già, a provocarlo sono io, da due anni ormai, e lui continua a far la parte dell'innocente inseguito dalla mangia uomini.
E nelle mie manie introspettive so che l'errore è mio, che quando l'ho conosciuto ho rifiutato il suo primo invito e da allora non si è più fatto avanti, finchè non ho preso io la situazione in mano.
Probabilmente fosse stato per lui sarebbe finito tutto lì, davanti a quel mio primo "Stasera non posso, ho l'estetista".
Ma in fondo era vero, non si trattava di una scusa. Erano le 18 quando mi chiese di uscire, di andarci a mangiare una cosa insieme quella stessa sera.
Ma io non sono una che rimanda un appuntamento, se non forse per questioni di lavoro, così rimasi quasi contrariata di quell'invito istintivo e poco convinto.
E da quel mio "No" lui non fece più un passo.

Mi prende e mi sbatte come non faceva da mesi, ha deciso che deve dimostrarmi che mi ama. Il mio discorsetto ha colpito nel segno e lui si impegna come non mai per rendermi felice e sazia. "Tu non devi chiedere, tu devi prendere! Sono tua e tu non mi vuoi, non capisci quanto è frustrante?".

Due giorni prima ho trovato l'ennesimo biglietto sulla macchina. L'ennesimo anonimo/a che ha qualcosa da dire e che cela il proprio volto dietro una scrittura stampatello appositamente irriconoscibile.
Un messaggio casto, un augurio per la Pasqua indirizzato a me, "Bella", mi definisce.
Ringrazio mentalmente, e subito ecco di nuovo assalirmi l'ansia e la paura.
Do sempre troppa confidenza alle persone. Il mio ufficio si è trasferito qui solo da luglio scorso e già conosco tutto il quartiere, baci e abbracci con tutti, dal parrucchiere ai baristi, passando per tutti i negozianti e i dipendenti degli uffici.

La mia titolare, Monica, insiste nel dire che sono una commerciale nata e che dovrei riflettere sul fatto di cambiare ruolo nell'azienda.
Sia chiaro, lei mi definisce "la migliore nel mio lavoro", ma i suoi 25 anni di esperienza da commerciale per aziende di design e arredo ufficio la rendono una procacciatrice d'affari veramente superba, oltre chè una donna di una classe impareggiabile, e credo di dover accogliere con doveroso rispetto e compiacimento un complimento come questo.
Avere una donna per titolare è un'esperienza del tutto nuova per me.
Quasi spiazzante.
Nessuno mi ha mai insegnato a rapportarmi con le donne, credo sia perchè si pensa sia scontato che una donna possa riuscirci.
Mia madre mi ha sempre messa in guardia contro gli uomini e, devo ammetterlo senza un filo di modestia, in questo sono bravissima.
Ma con lei, a un anno dall'assunzione, ancora non abbiamo rotto quel sottile distacco professionale che ci divide.
Lei cerca di farmi complimenti che io respingo.
Io non sono capace di far complimenti ad una simile donna perfetta.
Sarebbe troppo, credo.

Monica mi stimola, mi costringe a crescere professionalmente. Mi fa intrattenere rapporti seri con i clienti, mi rende responsabile di questioni delicate, ogni tanto mi spedisce al nord con una Freccia di prima classe per curare quelli che sono i clienti con maggior fatturato.

Ritrovarmi a discutere di lavoro, a soli 24 anni, con super manager di altissimo livello, senza esser nuda in un letto di un hotel a 4 stelle....beh, devo ammetterlo, è qualcosa a cui non riesco proprio ad abituarmi.

Del resto con gli uomini mi rapporto molto più facilmente. Con loro è più semplice, soprattutto nel lavoro o in amicizia:
1) loro vogliono portarti a letto
2) tu te la tiri e giochi con le parole
3) per accorciare le distanze loro si confidano con te
4) basta poco e si ritrovano ad aver bisogno di te come confidente e come preziosa collaboratrice
5) finchè ad un certo punto non ci provano più. Hanno solo bisogno di te.

Eh si, con gli uomini è tutto più semplice.

Con tutti tranne il mio.