lunedì 7 novembre 2011

Un disegno più grande

Charlotte: "Questa storia deve finire. Sì, è una cosa tragica. Tu sei innamorata e non ha funzionato. Ma adesso è arrivato il momento di chiudere con lui ed andare avanti con la tua vita. Prima è, meglio è. Lo sanno tutti che nella vita ti spettano solo due grandi amori. Io ne ho avuto solo uno: Trey."
Carrie: "Mi rifiuto di definire l'amore in un senso così ristretto."
Charlotte: "Oh ma dai Carrie: Aidan e Big!"
Carrie: "Uno e due. Stando alle tue teorie io ho chiuso. Ormai è troppo tardi, hai detto che non ho più speranze.
Qui giace Carrie: ha avuto due amori e centinaia di scarpe!"


A volte rido ripensando a certe frasi di quel telefilm che ha fornito tanti spunti di riflessione a me che ho formato la mia consapevolezza del sesso a pane, uomini e "Sex and the City".

E quando, sempre più spesso, mi ritrovo a riflettere su quel temibile dubbio che da un paio d'anni mi porto appresso, mi rendo conto di quanto noi esseri umani riusciamo a incasinarci la vita da soli, pur di non violare certe nostre rigide regole auto-imposte che ci fanno vivere con la certezza di non sbagliarne una.

Sono una persona "rigida" nei miei principi e nelle mie regole.
A mia discolpa posso dire che con gli anni sono riuscita ad elasticizzarmi parecchio, svincolandomi da certi classismi dovuti alla mia repulsione innata per tutto ciò che fosse "mediocre".
Un fidanzato mediocre nel campo lavorativo o sociale, ad esempio, fino a 4 anni fa per me era qualcosa di impensabile.
Rispetto alle mie coetanee ho sempre avuto lavori con stipendi favolosi, vestiti alla moda, fidanzati grandi (o fin troppo maturi per me) e ricchi da far schifo.
Ho goduto dello sbocciare della bellezza, del ragionato studio dell'arte oratoria e della consapevolezza della mia grande capacità di ammaliare (a discapito, lo ammetto, di una componente essenziale di modestia che spesso m'ha resa antipatica agli occhi di molte).

Ed è per mantenere una certa coerenza con queste mie caratteristiche personali e convinzioni granitiche che ad un certo punto della mia vita ho deciso di troncare di netto una relazione fantastica con un uomo (anche se a 32 anni ormai si chiamano ancora "ragazzi") che mi amava e che amavo davvero e con cui ero felice come non mai.

Sicuramente P. ha cambiato il mio modo di vedere il mondo, regalandomi supporto e serenità, aiutandomi ad esser sempre ottimista e piena di vita e facendomi riscoprire il mio lato "bambinesco" perchè, come amava dire lui,
"sei una giovane con problemi da grande, ma devi svecchiarti o ti sveglierai a 40 anni con la voglia di fare la bambina!"

E così ho passato con lui due anni da sogno in cui tutto era fantastico, idilliaco.
La ricchezza della sua famiglia gli permetteva di fare il giovane Peter Pan a spasso per il mondo e aveva smesso di passare la sua vita in viaggio solo per me.
Mi portava spesso alla scoperta di posti esotici, passava con me ogni mio attimo libero e viveva di interessi che io non avrei mai coltivato, come fotografare gente nei locali romani, passare le nottate alle feste più cool e ampliare il suo gruppo d'amicizie sempre molto altolocate senza badare però alle questioni meno effimere.

Cominciai a sentire un peso forte allo stomaco quando le mie conoscenti, mie coetanee, iniziarono a fare cose "da grandi" battendomi di gran lunga per tempi e modalità.
C'era chi si metteva a figliare a soli 21 anni, chi decideva di convivere e chi progettava matrimoni.
Io invece vivevo a casa di mamma e avevo un lavoro da assistente che mi succhiava la vita.
Facevo la puttana a tempo perso e sentivo molte responsabilità addosso, come un'incalzante richiesta del mio angioletto interno di prendere coscienza che era arrivato il momento delle grandi decisioni.

Ricordo ancora quella nostra accesa discussione.
La prima in due anni.
Aveva litigato con sua madre per una questione per me inconcepibile.
Non riteneva infatti adeguato, per una signora di così elevato livello sociale e culturale, che lei si mettesse ogni mese seduta alla scrivania a fare conti su bollette, affitti e spesa.
Lui, che viveva in un mondo dorato dove ogni cosa era spesata a monte, non riusciva a prendere coscienza che nella vita ci sono delle responsabilità da affrontare e che non tutti hanno una casa pagata, un lavoro che dia da mangiare e una famiglia da mantenere.
Dai suoi occhi ciechi di sognatore, traspariva ottimismo.
Nei miei lucidi di cinismo si è sempre letto un certo senso pratico dovuto forse alle mie origini umili.

Così, di punto in bianco, lo lasciai.
In realtà mi convinsi che era la soluzione più logica e razionale da prendere.
Un bambino che non voleva diventare uomo, a cui non veniva nemmeno in mente l'idea di una famiglia, di una casa o di costruire un qualsivoglia futuro.

Ho patito dolori degni del giovane Werther, ma l'ho fatto con la convinzione di esser nel giusto.
Vedere soffrire un uomo ottimista, uno che t'ha dato così tanto, poi, è stato davvero un brutto colpo.
M'inseguì per mesi con rose, biglietti, messaggi, apparizioni a sorpresa con tanto di dichiarazioni e poesie.
S'improvvisò uomo vissuto e mi disse che mi avrebbe sposato l'indomani a Las Vegas, se era questo ciò che poteva rendermi felice.
Che avrebbe smesso di viaggiare o di rincorrere sogni che non ritenevo adeguati.
Tutto purchè fossi tornata sui miei passi e mi fossi abbandonata al nostro amore.

Non sarò ipocrita nel descrivere ciò che davvero ero in quel periodo:
"Stronza cinica" era l'accoppiata d'aggettivi che più mi si addiceva.

Tante volte davanti alle sue plateali dimostrazioni d'affetto pensai di tornare sui miei passi.
Odiai me stessa quando fui così stronza, a mesi dalla nostra rottura, da accettare un suo invito per andare all'Opera; invito che lo aveva indotto a sperare in un mio ripensamento.
Non capendo che io volevo solo vedere la Carmen.

E continuai ad infilarmi in storie pazzesche con uomini grotteschi, ragazzacci spericolati e personcine noiose e di tutto rispetto, pur di non pensare a lui.
Feci soffrire davvero molti ragazzi in quel periodo, usandoli come fazzoletti e buttandoli via con lo stesso riguardo.

Ma ero convinta delle mie convinzioni.
Una volta presa una decisione non si torna indietro o si passerà per imbecilli.
In base a questa idiozia di percezione mi condannai ad altri due anni di sofferenze, finchè non ho conosciuto lo splendido uomo che ora accompagna ogni mio giorno.

La cosa che fa più male, ora come ora, è sapere che un uomo che hai amato tanto ha sofferto le pene dell'inferno per colpa tua.
Ed è stato quando si è fidanzato con una bella e giovane donzella che sicuramente più si confaceva alla sua vita "nomade", che ho capito quanto dolore può portare una grande storia che si chiude.
I ricordi sono indelebili e le domande sempre troppe.

Io so con certezza che non potevamo continuare a stare insieme e che ho preso la giusta decisione per il mio futuro.
So con certezza che non potrei tornare indietro.

Ma a volte mi domando come sia possibile aver amato tanto e continuare ad andare avanti con un'altra persona convinti di amarla davvero.

Forse è vero che non esiste un unico grande amore nella vita, e che in fondo è solo questione di incastri e di concomitanza di intenti.

Forse ha ragione chi ha scritto che nel mondo esistono tantissime metà compatibili ma che è solo molto difficile incontrarle.

L'unica cosa che ho imparato, per certo, è che sono una persona volubile in amore, e non così glaciale come con orgoglio ero convinta di essere.

Vittima della mia fame di felicità, ormai non do mai nulla per scontato, compresa sicuramente la stabilità di un rapporto che per quanto fantastico potrebbe dissolversi da un momento all'altro senza che io me ne accorga, come ha imparato P. per colpa mia.

E se P. ora è felice e io sono innamorata, forse tutto questo ci ha semplicemente insegnato che la vita fa schifo, a volte, ma che c'è sempre uno scopo più alto, un obiettivo e un disegno grande per tutti noi.
Un disegno, però, che dobbiamo fare con la nostra stessa mano perchè da soli, gli eventi, non accadono mai.

5 commenti:

Il Rompibloglioni ha detto...

Ciao, che dire, se fossi il solito maschietto, direi che si è stronze quando si vuole fare le stronze, ma io non sono il classico maschietto, forse perché vivo la mia sessualità in maniera giocosa o forse perché, come dicono le mie amiche, ho un lato femminile ipernutrito...
Sarà... Però, come ho scritto in un post recente, sono un possibilista, cioè lascio sempre una porta aperta ai pensieri altrui, anche se questo mio comportamento, porta quasi sempre guai... Tu da quello che ho, finora, letto, mi assomigli in un qualche tratto caratteriale, tu, come me, non sai dire le bugie, o meglio, sappiamo dire troppo bene la verità, quindi molto spesso, chi ci ascolta, crede che stiamo mentendo e non ci prende sul serio... Non posso dire d'essere "l'uomo navigato" un po perché ho "solo" 39 anni, un po perché una mai "curata" ansia da prestazione, mi ha sempre limitato nelle possibili "avventure" femminovivaistiche... Ma dal basso della mia esperienza, ti dico, rimani così, spudoratamente tu, e gli altri? Che si fottano... Baci.
P.S. quello con la faccia stralunata che si affaccia dai tuoi lettori fissi, sono io... Bello vero? Ha ha ha...

Il Rompibloglioni ha detto...

Ciao sono ancora qui... ti lascio un linketto, forse è un caso che il giorno prima di "conoscerti" lo scrivevo, ma io non credo nelle coincidenze... quindi ecco qua... http://ilrompibloglioni.blogspot.com/2011/11/g.html Ciao...

Sweet G. ha detto...

Ehehe, dal tuo commento sono andata sul tuo blog ed è lì che mi è venuta l'idea di questo post, quindi ecco perchè il nesso :)
Insomma tu pensi che a volerlo possiamo esser tutte delle stronze e che non ci sia un fondo di "genetica" della stronzaggine?

Il Rompibloglioni ha detto...

Mmmmmm... Bel quesito... Credo che sia un po e un po, nel senso, sicuramente la stronzaggine è genetica, ma l'applicazione della stronzaggine, è strettamente personale, nei modi e nei tempi d'applicazione... Però leggendoti, non mi dai delle stronza patologica, tutt'altro! L'impressione che assorbo dai tuoi scritti, è quello di una ragazza divertente e intelligente, due doti che se messe in una "racchia" passano inosservate, ma messe in una bella tipa, diventano un problema... Soprattutto con gli uomini, che non sono geneticamente capaci di gestire la cosa... Non ti invidio...
Baci.

Sweet G. ha detto...

Sei davvero gentile, o per lo meno lo sono le tue impressioni ;)
Scherzi a parte, ci sarebbe tutto un lungo capitolo da affrontare per spiegare come certe "doti" si siano sviluppate col tempo o come, perlomeno, io abbia deciso di considerare "doti" alcune caratteristiche su cui nel tempo ho deciso di lavorare molto per tramutarle in virtù personali e costruirci sopra quella che credo sia la virtù più grande di tutte (se ben impiegata), ovvero la sicurezza in se stessi.

Del resto, se prima ero convinta che la "stronzaggine" fosse una caratteristica presente nel corredo genetico delle persone che ne mostrano i segni al mondo, col tempo mi sono costruita l'idea che essa sia semplicemente il risultato di esperienze e incontri fatti nel percorso di vita.

So bene di aver subito l'influenza del "Candide" di Voltaire quando, riflettendo su certe ingiustizie che capitano nel nostro percorso, alla fine mi ritrovo a pensare che dovrei tentare di vivere con meno consapevolezza ogni grande e piccola manifestazione di stronzaggine per godere della felicità che si trae dalle semplici cose di ogni giorno.

E se ancora son convinta che tutti nasciamo "candidi" e, per colpa della nostra influenzabilità, ci ritroviamo a diventare iene insaziabili di carcasse, sono altrettanto piena di utopica speranza che in fondo, in tutti noi, si annidi ancora quella purezza che ci accompagna nella nostra nascita e che, se impariamo a minimizzare le sofferenze, forse riusciremo a comprendere il vero significato della felicità.

(Scusa il monologo ma a volte mi faccio prendere la mano)
Un abbraccio.
G.