sabato 5 novembre 2011

Sex talk in class



(Adoro Hugh e Stephen!)

Quando in quinta elementare eravamo ormai agli sgoccioli delle lezioni che ci preparavano all'esamino finale, la maestra di italiano decise di porre agli studenti una domanda che ci aveva già fatto il primo giorno di scuola, cinque anni prima.

"Vediamo ragazzi, ditemi ora quali sono i vostri sogni. Cosa vorreste fare da grandi?"


Mentre tutti si davano un tono di bambini vissuti, cambiando il loro "infantile" sogno di diventare astronauti in quello di ingegneri aeronautici e le bambine ripetevano come una litania che la veterinaria o la maestra potevano esser impieghi a loro più adeguati, io decisi di concludere i miei cinque anni da brava studentessa mantenendo intatto quello che fu il sogno espresso il primo giorno di scuola, annunciando che avrei continuato a perseguire il mio sogno di diventare una cantante.

Ricordo ancora l'agghiacciante sguardo della maestra, accompagnato da una smorfia che riusciva a renderla incredibilmente brutta.
"Possibile mai che questi cinque anni non ti abbiano insegnato nulla Giorgia?"
Il mio sguardo folgorato dalla sua rabbia si puntò sulle mie scarpe in segno di vergogna.
"Non ti ho certo chiesto quale sia il tuo insulso sogno irrealizzabile! Ti ho chiesto qual è il lavoro, il VERO lavoro, che pensi possa darti da mangiare da grande!"
Il mio amore per le provocazioni era già grande ma, visto l'attacco feroce, evitai di premere l'acceleratore sulla burla e smisi di rispondere, quasi indispettita dalla sua arroganza.
Ne seguì un lungo monologo all'intera classe su come si debba crescere in fretta, senza perder tempo con sogni idioti, e su come responsabilizzarsi e costruirsi un futuro non siano impegni rimandabili.

Al suono della campanella corremmo tutti fuori in giardino.
Ricordo ancora quell'albero sotto la cui ombra noi bambine ci mettevamo in cerchio a giocare a "schiaccia-sette".
In realtà quel giorno me ne sarei stata volentieri per conto mio, ferita com'ero dalla vena sadica della maestra che, ne ero sicura, voleva solo offendere i miei sogni e non certo insegnarmi qualcosa di costruttivo per il futuro.
Del resto io a casa avevo già qualcuno che faceva di tutto per distruggere ogni mio idilliaco viaggio mentale verso un futuro diverso.
Speravo, almeno a scuola, di ricevere un po' di comprensione, anche se sapevo già che cantare non era certo un futuro accettabile per una bambina "sveglia" come me.

Le amichette, di cui avevo sottovalutato la sensibilità, vennero in soccorso dei miei sensi feriti e mi invitarono a giocare a palla.
"Va bene che vuoi fare la cantante, - mi disse ridendo Sara - ma non potevi dirle che vuoi studiare medicina? Almeno ci avrebbe risparmiato le urla per tutta l'ora!"

Non aveva torto Sara, colei che tutti ammiravano per pacatezza e tranquillità, bambina che ha ispirato molti dei miei respiri calmanti nei seguenti dieci anni di frenesia totale.

"Lo sai che mi piace farla arrabbiare!" - spiegai sorridendo, sperando di placare anche il risentimento del gruppo che per colpa mia s'era sorbito gli urlacci.

"Daccordo, ma ci sarà pure qualcosa che vuoi fare da grande oltre la cantante! Secondo me diventerai un avvocato, mia mamma dice sempre che gli avvocati sono polemici e hanno sempre la risposta pronta, proprio come te!"

"Ovvio che c'è qualcosa che voglio fare, ma non verrò certo a dirlo a voi!"

Forse ero stata un po' acida, ma mi dava fastidio l'idea che chiunque della mia età potesse impormi una riflessione del genere.

Fu' così che sotto la pressione quasi isterica del gruppo, e a solo dieci anni, dissi per la prima volta una cosa che segnò forse il mio destino.

"Se proprio devo scegliere farò o la suora o la prostituta! Se la passano bene entrambe, senza troppe responsabilità importanti hanno entrambe la possibilità di mangiare a fine mese senza sfacchinare troppo sotto padrone."

Mentre le altre bambine continuavano a guardarmi perplesse, alcune quasi infastidite da quella che sembrava l'ennesima provocazione per farle inorridire, io stessa mi trovai d'accordo con Sara quando tutta seria sentenziò:

"Be', io come suora non ti ci vedo proprio. La prostituta è un lavoro che ti si addice di più!"

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