venerdì 27 gennaio 2012

Fallimenti

Brutta storia davvero quando il tuo fisico non regge alla pressione e d'improvviso ti abbandona.

Mi sono risvegliata dentro una scatola di metallo con i muri che tremavano.
Sentivo una voce che mi diceva "Finalmente hai ripreso i sensi, tranquilla, va tutto bene.".
Ma non andava affatto tutto bene.
Il terrore aumentava man mano che prendevo coscienza di esser stesa su un letto, o un lettino, senza la più pallida idea di come ci fossi finita.
Un uomo alla mia sinistra mi ordinava di respirare lentamente, ma non riuscivo a vederlo, mio dio, il mio collo non si muoveva.
Un dolore forte al braccio, come una morsa che si estendeva fino al gomito.
Una parete piena di oggetti mi tremava come volesse cadermi addosso, cercavo di urlare ma ero come bloccata, non uscivano suoni dalla mia bocca.
Una mano da dietro la testa mi asciugava le labbra da cui continuava ad uscire schiuma, una voce femminile dalla parte del braccio mi sussurrava parole dolci.

D'improvviso mi rendo conto che siamo in un'ambulanza, i suoni tornano ad esser chiari e impegno ogni muscolo del corpo per riuscire a bisbigliare "aiuto".

"Puoi piangere, se vuoi, puoi urlare, qui puoi fare tutto!" mi rassicura l'uomo.
Ma la voce non mi esce, mi accorgo che le lacrime debbono esser uscite di loro iniziativa e mi colano sul viso quando d'improvviso il mezzo si arresta.
Una serie di rumori, vedo solo una luce.
Il letto si muove e mi ritrovo con una gamba che penzola dolorante, mentre il collo ancora non si muove.
Dentro il pronto soccorso, deduce la mia mente.
Mi trovo nel pronto soccorso.
Ma non c'ero mai stata in questo posto, non c'è che un paio di persone, tutte del personale, forse mi hanno rapita, o forse sto sognando.

Finalmente un po' di caldo, mi coprono con una coperta.
Il mio corpo trema come una foglia.
Il collo....
Il sussurro arriva a destinazione e mi rassicurano: "Hai i muscoli irrigiditi dal panico, cerca di respirare e rilassarti, vedrai che potrai muovere anche il collo!"

Obbedisco e intanto il mio angelo custode -barra- infermiera mi alza il lettino mettendomi seduta.
Finalmente il mio sguardo può posarsi su di me.
Noto che sono più o meno vestita come sempre, ancora col cappotto addosso.
Non devo aver avuto un incidente, altrimenti ci sarebbe sangue da qualche parte.
Le persone intorno a me aumentano, chiudo gli occhi stanca come non mai.

L'uomo dell'ambulanza non lo vedrò mai in faccia, ma ricorderò per sempre la sua voce simpatica mentre improvvisa un cabaret per me che non so più dove sono e perchè.
La sua ironia tutta romanesca si ferma solo quando finalmente muovo il braccio per tastarmi il viso.
Mi fa male tutto, come avessi preso delle badilate in faccia.
Dal mio sguardo deve aver capito i miei pensieri e mi confessa che ha dovuto riempirmi di schiaffi per evitare che "partissi".
"Dovevi riprendere i sensi, e un po' di schiaffi non fanno mai male.

Mi riempiono di domande.
Nome, cognome, indirizzo.
Arriva una persona che mi trascina via, il letto si muove, sbatte, lunghi corridoi che sfilano le loro mura accanto a me.
Entriamo in una stanza dove vedo diverse persone.
Il mio autista-di-lettino mi sistema contro un muro, spalle alle persone.

E così mi ritrovo in una stanza, a guardare un muro bianco, con un vociare dolorante alle spalle e nessuno che mi dica dove sono e che mi è successo.



Stanca come non mai chiudo gli occhi e parto per un lungo viaggio. La mia mente si trova ai Caraibi, al caldo, la sabbia bianca mi fuma sotto i piedi e io osservo immobile il mare calmo e celeste, invitante ma pericoloso. Me ne sto lì, rifugiata nei miei sogni, finchè una mano mi tocca il braccio.
Apro gli occhi e una donna vestita con un camice bianco mi sussurra:
"Giorgia, ciao, sono la dottoressa XY, come posso aiutarti?"

Mi aiuta a girare il collo verso di lei, me lo massaggia dolcemente e mi chiede se ho freddo.
Mi da una garza ma io non riesco ad ascoltarla.
Osservo terrorizzata i miei stivali nuovi sbucare da sotto la copertina. Sono sporchi di bianco, sono sporchi e questo mi deconcentra da tutto il resto.
"I miei stivali..." le sussurro, e lei carinamente me li pulisce con un fazzoletto.
"Tranquilla, vedi, è solo polvere. I tuoi stivali stanno benissimo, e tu come ti senti?"

Come mi sento? Mi sento terribilmente spaesata, inizio a piangere e singhiozzare, mi premo il braccio che mi duole e non riesco a fermare i polmoni che lavorano a ritmi serrati.
"Mi sento sola!" tento di urlare, anche se mi esce solo un lamento.
Inizia a raccontarmi che sul referto del triage c'è scritto "Attacco di panico", mentre altri dottori parlano di insulina e glicemia fuori dalla norma.
Ho avuto una lite a lavoro, l'hanno riportato i colleghi che erano con me quando è arrivata l'ambulanza.
Ho preso la borsa e me ne sono andata.
Mi hanno trovata poco più in là dell'uscita, svenuta a terra.
Hanno chiamato l'ambulanza ed eccomi qui.

Inizia a lavorare sulla mia parte inconscia, evidentemente, perchè ogni sua parola segna un punto nella mia testa ormai fuori controllo.
Mi dice che ci sono situazioni nella vita che tutti dobbiamo affrontare senza farci del male, dice che da ogni brutta esperienza si impara qualcosa e da come sono bella e forte sicuramente riuscirò a vincere tutte le battaglie della mia vita.

Parlo, finalmente, trai singhiozzi, delle mie paure più grandi.
Lei mi confida che è una psicologa e che vorrebbe aiutarmi.
Ci sono dei mezzi, mi spiega, che aiutano a superare ogni crisi. Ma si apprendono solo dopo anni di brutte esperienze. C'è però un gruppo di medici in questo ospedale che può aiutarmi, possiamo scoprire questi mezzi insieme e imparare a gestire meglio la rabbia e il dolore, lo sconforto e la depressione.

Mi rassicura parecchio, mi calma e mi permette finalmente di muovere il collo.
La supplico di dirmi che ora è.
Mi sconvolgo all'idea che sia già ora di pranzo.
"Voglio il mio ragazzo! Voglio mia madre! Dove sono tutti??"
"Te li vado a prendere, stai tranquilla!.

Arriva lui, il mio principe azzurro, il suo sorriso mi fa tornare in me.
Un sorriso così vale più di un milione di dollari e i suoi occhi grandi diventano fari nel mio buio interiore.
Lo conosco, so quando è incazzato.
E sono sicura che lo fosse fino a poco fa.
"Non mi facevano entrare, mi dicevano che non eri in questo ospedale!!
Parla tutto d'un fiato, preoccupato e agitato come non mai.
"Ho chiamato tua madre, sta arrivando, poi mi hanno chiamato dall'ufficio, e anche i tuoi amici, sono tutti preoccupati"
Mentre parla continua a squillargli il telefono, risponde e ripete a tutti che sto bene e che li chiameremo più tardi.

ECG altalenante, pressione raso terra ma segni vitali buoni.
Riesco a camminare e parlo poco.
Ma sto bene, sono viva e ho tutto l'affetto dei miei cari.
Tutto si supera, ma è bene allontanarsi dalle situazioni tossiche.
Voglio conoscere questi dottori dell'ospedale che possono aiutarmi, voglio imparare a gestire meglio i miei momenti di forte sconforto e, per rilassarmi, ieri ho visto anche un cliente che mi ha coperta di soldi, un medico, guarda un po', che più freddo non si può, ma in fondo l'importante è tornare alla normalità e sperare che tutto sia sempre come lo desidero, semplice, genuino e in ordine.

E quegli stivali l'ho puliti con la cera per rimuovere del tutto ciò che è successo.

2 commenti:

LED ha detto...

Ho dato al mio spirito-protettore qualche giorno di ferie : spero proprio che li passi a Roma , accanto a te , Tesoro .
Dal tuo resoconto traspare che il peggio é certamente passato , ma , oltre ai segni incoraggianti , noto che ci vorranno calma e pazienza per far sí che quello sfortunato episodio non si ripeta .
Se ti puó confortare , io sono passata per una situazione molto simile , ed , adesso , posso affermare di essere una persona piú forte e consapevole .
Non ti faccio gli Auguri , perché non ne hai bisogno , hai giá recuperato .
Ma sappi che ti sono vicinissima e sempre disposta ad aiutarti , se possibile . CIAAAO !!!

Anonimo ha detto...

Oddio Giorgia... pensavo avessi fatto un incidente...
Queste cose con un buon aiuto si risolvono... anche se la mente e suoi tarli a volte sono fastidiosi.
vedrai che ce la farai!
un abbraccio