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sabato 26 novembre 2011

Angelo e diavolo allo scoperto



A settembre sotto spinta di due conoscenti mi sono iscritta con loro ed una quarta ad un corso di total body in una palestra non troppo vicino casa.

Le conoscenti sono la sorella del mio fidanzato (che chiameremo Laura), la fidanzata di loro cugino (Giovanna) e una sua amica (Teresa).
Un quartetto ben assortito, tutte fisicamente molto differenti, tutte con vite agli opposti ma tutte rigorosamente fidanzatissime.

Arrivate alla nostra terza lezione in palestra, nella mente delle mie tre amiche s'era fatta strada l'idea che tutte le altre ragazze del corso ci snobbassero o, addirittura, si prendessero gioco di noi con battutine malcelate.

"Organizzano delle cene e non ci invitano!"
Laura continuava ad insistere su questo punto e io, conoscendo la natura un po' paranoica della mia adorata cognatina, mi misi contro tutte spiegando loro che semplicemente non ci invitavano perchè erano amiche tra loro e non ci conoscevano ancora abbastanza.

In effetti ho sempre avuto il vizio di dare fin troppa fiducia agli sconosciuti, ma mi fece convincere della mia opinione il fatto che durante l'appuntamento successivo l'istruttore disse a tutta la sala colma di Ladies:
"Allora ragazze, chi vuol venire venerdì a ballare? Dai che facciamo un tavolo di tutte le palestrate!"

L'idea mi piacque tantissimo, del resto è una vita che non vado a ballare, amo socializzare con altre donne ma mi sembrava più che ideale la scusante della palestra per crearmi nuove frequentazioni femminili senza ricorrere a patetici approcci da me imposti con gente che non ha nulla a che vedere con me.

Alla fine della lezione corsi da Laura e le dissi che volevo assolutamente accettare l'invito e lei mi rispose con un "No" così perentorio da lasciarmi davvero delusa.
Le altre del mio gruppo si accorarono tirando fuori la scusa del "Vuoi farmi litigare col mio ragazzo?", come se la parola "discoteca" possa in qualche modo sciogliere fidanzamenti che durano da dieci anni.

All'uscita dagli spogliatoi ci ferma la "capetta" del gruppo che fino a quel giorno, secondo le mie amiche, ci aveva ampiamente snobbato.

"Allora ragazze, che fate, venite venerdì con noi?"
In coro uscì un "no" flebile e fu compito mio spiegarle che avevamo tutti dei problemi di vario genere.
Sotto la sua insistenza le dovetti dare altre motivazioni, così usai quella dei fidanzati gelosi nella speranza di placarla.

Mi disse molto chiaramente "Bella, io ho 42 anni, una figlia di 12 e mai mio marito si potrà azzardare a togliermi quegli sporadici momenti di gioventù che ancora mi concedo! Dai, se volete ci parlo io coi ragazzi vostri!"

Un tipo molto "rustico" della Sara, tanto rustico che qualcuno potrebbe definirla una gran coatta.
Io credo si tratti piùttosto di avere molta poco sicurezza in se stessi.

"Facciamo così - le dissi - lasciami il tuo numero, io ti lascio il mio, così se gli uomini cambiano idea ti mando un messaggio, ma non credo proprio purtroppo..."

Sapevo benissimo che le mie amiche non avrebbero cambiato idea, ma una porta aperta è sempre bene lasciarsela.
Del resto Sara voleva un messaggio entro la mattina successiva, altrimenti non se ne faceva nulla.

E così, dopo diverse discussioni pacifiche, con le amiche si decise di lasciar perdere la discoteca e di prendere l'invito come un segno positivo (o per lo meno così volevo io, lottando contro la cocciutaggine delle mie amiche sempre pessimiste).

Il giorno dopo mi imposi di ricordarmi di mandare il messaggio a Sara ma la giornata lavorativa fu infernale e tornata a casa crollai nel letto.
Il successivo ancora me ne ricordai solo al momento di varcare la soglia della palestra, così andai da lei e, prima ancora di salutare tutti, le chiesi scusa se non le avevo mandato il messaggio.
"Tranquilla" - mi rispose. E si mise a ridere.

L'ora di allenamento filò liscia e ce ne tornammo tutte nello spogliatoio, un ambiente unico, suddiviso in tre più piccoli, di cui la prima parte sembra riservata alle modelle spogliarelliste, la seconda, più centrale, alle vecchiette, e la terza, più in fondo, è sempre vuota ed è dove ci mettiamo noi quattro amiche per cambiarci.

Vedo le mie amiche con il volto incupito e le orecchie dritte.
Mi guardano tutte in modo strano, e chiedo loro che diamine abbiano.
"Non senti che ce l'ha con te?" - mi fanno.
In effetti sentivo da minuti, senza ben ascoltare, una Sara urlante dall'altra parte dello spogliatoio che animatamente esponeva il suo ribrezzo verso qualcuno.

"Abbi le palle almeno di dirmelo...!" urlava "Me fai aspettà come 'na scema 'n messaggio, m'hai pure chiesto er numero, mica so 'na regazzina che sta a 'spettà te pe' sapè se vieni in discoteca!"

A quanto si comprendeva, non erano arrivati al numero adeguato per prendere un tavolo, la signorina Sara ce l'aveva con me che l'avevo illusa di venire e quindi ora dovevano accontentarsi di andare a cena, ovviamente senza invitarci.

A parte il fatto che le dicemmo da subito di no e che le chiesi anche scusa per essermi dimenticata il messaggio, non credevo che dovessi anche aver le palle per mandarne uno, quando invece di fronte a me (in persona) non aveva avuto Lei le palle per dirmi ciò che pensava.

Con un contegno degno di 4 vere Signore, ci vestimmo, passammo davanti a tutti col nostro migliore sorriso e salutammo con un "Ciao, buona serata a tutte!", ignorando tanta maleducazione.
Le mie amiche continuarono in separata sede la via del pettegolezzo, io chiesi loro di non alimentare la mia stizza perchè poteva trasformarsi in rabbia.
Mi rovinarono una splendida giornata.

Dalla volta successiva ci furono un paio di allenamenti più "freddi" da parte delle "altre" e noi decidemmo di non rinunciare al nostro sorriso ignorando i fatti accaduti.
Tornarono tutte a sorriderci, anche più di prima.

Finchè, l'altro giorno.... Sara mi ha presa da parte.

"Tu sei un mistero per me - esordisce senza preamboli - Le tue amiche sembrano tre represse bigotte, tu invece simuli una purezza che non hai. Ti metti tute due taglie più grandi della tua, calzini di Hello Kitty, ti leghi i capelli, vieni struccata e ti atteggi a goffa e pura ragazzina, ma io lo so che non sei così.
T'ho vista al centro l'altro giorno, ma ero in macchina e non potevo fermarmi.
Sembravi una modella con stivaloni di pelle, capelli lunghi perfetti, trucco curatissimo, borsa alla moda, passo fiero e poi...poi t'ho rivista oggi e ho capito: tu nascondi qualcosa!
"

Non ho potuto trattenere un sorriso, lei è trasalita dal mio cambiamento di espressione, penso abbia capito molte più cose da quella mia faccia che da qualsiasi viaggio della sua fantasia.

"Ti ringrazio per avermi dato della modella, sei molto gentile.
Ho fatto una pausa, ben mirata a farle salire quel terrore che puntuale ho visto sui suoi occhi.
"Ma fossi in te mi farei meno film e starei più tranquilla, che certe fantasie portano alla paranoia, prima o poi, e la paranoia è molto molto pericolosa!

L'ho osservata dall'alto in basso, sembrava rimpicciolirsi ogni secondo di più, impietrita e parecchio assoggettata dal mio sguardo e dalla mia sicurezza che proprio non si aspettava.

"Ci vediamo martedì" - le ho urlato mentre le giravo già le spalle.

E ora mi godo i miei quindici minuti di celebrità dovuti all'esser stata riconosciuta per strada!
ahahahaah!
Che gente!!

mercoledì 28 settembre 2011

Ciclo si, Ciclo no, Ciclo boh!



A partire dalle fastidiose facce compiaciute, passando per gli imbarazzanti incontri in sala d'attesa e culminando nelle ipocrite sentenze mistificatrici di dottori e infermieri, ogni visita ginecologica diventa un semplice ed efficace metodo per auto-infliggermi qualche ora di puro masochismo. L'unico momento in cui amo il ginecologo è quando mi chiudo in casa, assorta nelle mie fantasie, e mi proietto sul lettino a gambe aperte con un tirocinante che mi slinguazza la fica.

Sarò pazza, ma credo semplicemente che dopo tanti anni di studi, tirocinii, tesi, lauree e master, un ginecologo dovrebbe dare almeno una risposta certa alle tue domande.

Insomma, parliamoci onestamente: se devo sentirmi dire che "non possiamo esserne certi di questo", "non possiamo escludere questa evenienza" o "Può dipendere da molti fattori" e ancora "Può esser del tutto normale", allora meglio che me ne rimango a lavoro e continuo ad elucubrare sulle possibili cause del mio ciclo sopravvenuto senza alcun avviso a soli 14 giorni dall'ultimo e dopo appena 7 dal mio "incidente" del profilattico rotto.

Il mio ciclo poi rimane da anni un mistero per molti ginecologi.

Analisi di ogni genere non sono riuscite a spiegare perchè io abbia cicli che oscillano trai 35 e i 50 giorni.

Persino nei 6 lunghi anni in cui ho fatto uso di contraccettivi non avevo cicli regolari. Penso di essere l'unica al mondo.

In quel caso, la spiegazione dei sommi sacerdoti della vagina, risiedeva nel blando contenuto d'ormoni che conteneva il mio metodo anti-bimbo.

Del resto il mio fisico non è ospitale con i medicinali, figuriamoci se mi fossi bombardata di ormoni.

E così io sono in attesa dei quindici giorni minimi per il test di gravidanza, e decisa questa volta ad andare in fondo alla questione.

Nel frattempo è ricominciato il corso di Salsa Cubana.

Per quanto possa risultare piacevole frequentare un corso pur di far muovere tua mamma cinquantenne dalla sedia del suo ufficio, certi giorni mi odio per questa infelice idea. Passare due sere a settimana chiusa in una stanza chiamata "pista" con persone che escono dal lavoro e senza aver fatto alcuna doccia si buttano in mezzo agli altri muovendo ogni singolo muscolo atrofizzato e grondando sudore a fiotti, non è proprio il massimo.

Che se poi si volesse analizzare una per una le persone che son presenti in un corso, ne uscirebbe un trattato di sociologia davvero triste. Dovendo la donna passare da un uomo all'altro, rischia sempre di imbattersi in diversi tipi di maniaci.

C'è quello violento, con la mania del controllo, che ti forza le spalle fino quasi a lussarle, ti sgrida dicendoti che sei rigida e ti obbliga ad una sottomissione silenziosa davvero esasperante.

Poi c'è il timido che quando si trova una ragazza giovane tra le mani inizia a sbagliare i passi, diventa paonazzo (e suda), gli trema la voce, sorride in modo compulso e ti chiede scusa in continuazione per averti pestato il piede.

Si può incontrare il permaloso. Quello che è così concentrato sui passi da non rendersi conto che ci sei anche tu, donna, e che se volteggi in aria prima o poi cadi. Così se sbagli se la prende con te, se sbaglia lui pure. E se cerchi di sdrammatizzare con un "Tranquillo, stai andando benissimo" riesci ad accaparrarti il primo posto nella lista delle persone che lui odia perchè..."Non sto affatto andando bene, e non devi compiacermi, non sono mica un cretino!".

A volte mi diverto ad immaginare queste tristi persone fuori dalla sala da ballo. Chissà, poverini, che vita di merda li aspetta ogni giorno al risveglio, quando devono ricominciare a sorridere a persone che odiano e a socializzare tenendo nascosti i loro caratteri problematici.

Ho sempre convissuto con la convinzione che la sicurezza in sè stessi, mista ad un'ottima dose di umiltà, fosse il primo passo per ottenere successo e soddisfazione da ogni cosa.

Ma più vado avanti, più elimino il componente di modestia che mi hanno insegnato a non dimenticare, in favore del compiacimento per il mio splendido modo di affrontare la vita.

E quando ormai l'umiltà sarà uscita in modo completo dal mio carattere, allora sì, siete autorizzati a farmi fuori!

venerdì 23 settembre 2011

Il momento giusto



Ieri sono andata in ospedale a farmi prescrivere la pillola del giorno dopo.
Dovevo recarmi in un ambulatorio all'interno del complesso ospedaliero, completamente dedicato alla legge 194.
Me povera ignorante, avevo pensato di esser stata spedita in un reparto dedicato a chi doveva prendere la pillola e non avrei mai immaginato di trovarmi in un sotterraneo di un antico edificio, stipata come al mercato delle carni, in mezzo ad una montagna di ragazze e donne che dovevano abortire.
Erano tutte in fila col loro numeretto colorato ad attendere un chirurgo donna che raschiasse via il loro bambino dall'utero.

Non mi trovo a mio agio in un posto dove sono ammesse sole donne, tanto meno quando si tratta di donne colme di ormoni impazziti, piene di paura, che tentato di socializzare e fare gruppo per combattere il dolore di una scelta così difficile.

Fin da subito mi ha avvicinata una ragazza.
Giovane come me, universitaria iscritta a medicina.
Figlia di una famiglia parecchio agiata, mi racconta di come abbia dovuto nascondere la sua gravidanza al ragazzo.
"E' all'antica, non capirebbe e non ammetterebbe mai un aborto!".


Mi spiega che lei più di tutte le altre, grazie anche agli studi che fa, dovrebbe sapere che si può rimanere incinta in qualsiasi momento del mese.
"Ingenuamente ho pensato che durante il ciclo fossimo totalmente sicuri"


Entrambe dobbiamo prendere una pillola.
La mia avvolgerà l'ovulo e ne impedirà la fecondazione, la sua invece ucciderà quelle coraggiose cellule che da 5 settimane tentano di diventare un bambino.

Non ho la concentrazione giusta per esser calma, le ore scorrono e io devo risolvere la questione del mio incidente.
Esser delicata con lei richiederebbe uno sforzo sovrumano, così le confesso che se mi trovassi al suo posto non so se prenderei quelle pillole.

Mi dice che per lei non è il momento giusto, vuol dare un futuro adeguato ad un figlio.
E così rifletto sul fatto che se dovesse capitarmi di dover scegliere, sicuramente metterei nella lista dei "pro" il mio lavoro stabile, la mia famiglia collaborativa e il fatto che tutto sia accaduto con un uomo che non mi lascerebbe mai da sola di fronte ad una responsabilità del genere.

Tornata in ufficio, scombussolata dall'effetto della pillola, scopro che l'Uomo è ancora in stato di forte preoccupazione.

Mi chiede se do la colpa di tutto a lui, mi dice che mi ama e che si sente impotente di fronte a tutto questo.
Mi sta accanto come nessuno lo era mai stato, senza però togliermi quel po' di fiato che mi serve a staccare il cervello.

E' tenero, dolce e rassicurante.
Lo amo davvero e sento che lui è quello giusto.
Qualsiasi cosa accada.