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lunedì 16 gennaio 2012

Adeguare i prezzi?



Sabato ho incontrato un nuovo cliente: professionista, italiano, sposato, con figli, un po' giramondo, sui cinquanta....
Insomma, uno che all'apparenza potrebbe rientrare benissimo trai miei clienti tipo.
La grossa differenza tra lui e i miei clienti degli ultimi anni, è costituita dal modo in cui l'ho conosciuto: niente passaparola, niente raccomandazioni di altri clienti.
Questo cliente me l'ha passato una collega.

Ora.

Poichè m'hanno disegnata sospettosa e rompipalle, mai avrei creduto di fidarmi così facilmente di una collega che tra chiacchiere online e confidenze via e-mail mi è piaciuta fin dall'inizio per quel senso di onestà e simpatia che mi ha regalato; ma che non ho mai conosciuto di persona!
E tanto meno avrei mai creduto di poter accettare di vedere un cliente lontano dal mio abituale giro, passatomi da lei che conosco solo online, e quindi che peraltro nemmeno ha avuto modo di vedermi mai.

Ma evidentemente covo ancora in me quello spirito d'avventura che da ragazzina mi regalava un'aria così scapestrata, folle e molto birichina.

Se è vero che ultimamente alcune colleghe blogger hanno tirato su il dubbio che molte di noi si ispirino ai telefilm e ai romanzi per raccontare le proprie avventure lavorative, allora credo che questo cliente di film ne abbia visti davvero molti.
O forse era più preparato di me sull'argomento, visto che sulla questione economica e organizzativa s'è comportato come un vero esperto in confronto ad altri miei clienti che, lo ammetto, sono certamente abituati meno alla compagnia femminile a pagamento.

Così ho organizzato tutto per bene, senza però parlare di dettagli economici.
Sapevo che la mia amica non conosceva i miei rates, e la curiosità di conoscere le aspettative del nuovo cliente mi aveva spinta a non sbilanciarmi sulla questione.

Avevo portato il cane alla toeletta, avevo fatto la spesa, dunque ho avuto appena il tempo di aggiustarmi per l'appuntamento e sono corsa in zona San Pietro, convinta di metterci una vita e di non trovar parcheggio, quando invece in venti minuti ero già pronta a salire, con mezz'ora d'anticipo.
Lui mi dice che se voglio è già lì che mi aspetta e io mi avvicino al luogo dell'incontro con un misto di ansia ed eccitazione che mi facevano ben sperare (non che io sia in grado di leggere il futuro, ma dicono che l'intuito femminile c'entri qualcosa con quei miei presentimenti che in passato m'hanno salvata da situazioni davvero assurde).

Si presenta al portone con aria furtiva, terrorizzato che qualcuno possa vederci.
Ne deduco subito che non è certo uno della finanza, altrimenti avrebbe finto un atteggiamento molto differente, sciolto e noncurante.

Al massimo potrebbe esser un maniaco.

Salita sù casa vengo avvolta da un bel calore, una tana di una trentina di metri quadri, poco più grande del mio monolocale, mi fa intuire che certo non abita lì.
Pochi oggetti personali.
Un giornale sul tavolo, segno che stava aspettando solo me, uno stereo spento sull'armadio di fronte il letto, una guida di Roma con lo stradario e una guida d'Europa con le grandi città d'arte.

Niente tv, niente odori in casa nonostante la presenza di una cucina.
Il letto perfettamente rifatto, come fosse stato preparato per me, con un lembo della coperta ripiegato, come nei cataloghi Ikea, che mi fa intuire quale sia il suo lato preferito e il suo terrore per le ustioni, visto che dall'altro lato del letto c'è una stufa che lui considera (lo scopro poi) pericolosa ma utile.

Sul tavolino accanto al giornale c'è una bustina regalo e due cellulari posizionati in piedi, come pronti a ricevere un segnale telefonico che potrebbe arrivare da un momento all'altro.
Deve esser sposato perchè non può mancare le telefonate.
Chiacchieriamo parecchio.
La mia collega mi aveva parlato di lui come una persona molto dolce e da subito ho potuto costatare come avesse ragione quando, avvicinandomi, l'ho baciato sulla bocca e lui è arrossito come un bimbo, convinto forse come altri che noi prostitute non baciamo sulla bocca.

Ha voluto subito sbrigare le formalità.
"Non abbiamo parlato della cifra.." - mi fa, quasi intimorito.
Gli spiego quanto prendo all'ora, e lui sorride quasi sgridandomi: "Così poco?"
E mi aggiunge cento euro come se io avessi scherzato e sapesse già che non era possibile chiedere così poco.

Ecco d'un tratto tutti i miei dubbi sull'adeguatezza dei miei rates dissolversi e diventare certezza.
Prendo troppo poco, non posso esser presa sul serio se chiedo così poco.
E' assurdo.
Sul serio, ma quanto prendono le mie colleghe?

Non mi sono mai considerata una prostituta a tempo pieno, mai una professionista o un'escort da politici (anche se ho avuto anche questi, e molti, trai miei clienti).

Eppure nessuno mi ha mai fatto capire quanto aveva speso con altre colleghe.

Questa è la terza volta che qualcuno mi aumenta il compenso ma, mentre le prima due volte è capitato all'inizio della mia carriera e l'avevo imputato alla tenerezza che poteva suscitare in loro una diciottenne economicamente disperata, questa volta non ho potuto che associare il fatto all'assoluta economicità dei miei prezzi.

Andranno decisamente rivisti.
Decisamente.

Chiacchieriamo parecchio, è di una simpatia unica e cerco di rilassare i suoi tesissimi muscoli con qualche battuta che, a quanto pare, sembra andare a segno.
Mi riempie di complimenti, il chè è sempre un buon afrodisiaco anche per me e quando mi spoglio non fa che ripetermi quanto sia bella.

Sarà la solita mania tutta femminile di vedersi piene di difetti, ma io mi convinco sempre di più che non sono affatto bella e, anzi, a volte mi sconvolge che qualcuno paghi per stare con me.
(anche se, con mio sommo piacere, appena il giorno prima un mio cliente ha costatato che sono molto dimagrita da quando ho ripreso la palestra! Evvai!!)

Certo, ho classe, e questo me lo riconosco da sola, ma BELLA non mi ci sento, almeno in confronto a tante ragazze che si vedono per strada o al supermercato!

Mi piace sempre costatare come i clienti apprezzino la sincerità.
Sono bravissima a mentire, ma cerco di non farlo mai con loro perchè so che il feeling si basa su pochi importanti fattori e l'odore di bugia li mette tutti a rischio in pochi secondi.

La tensione che avverto in lui è tale che per scioglierla devo impegnarmi parecchio.
Mi sento quasi una pulzella che inizia un vergine all'arte del sesso, con un allievo di tutto rispetto che rimane quasi sopraffatto dall'impeto dei suoi ormoni.

Dolce è dolce, ma forse un po' troppo.
Quasi intimorito dal mio spirito d'iniziativa.
Tangibile com'è il suo imbarazzo, mi calo nelle vesti di una dolce micia vogliosa di coccole e lo stratagemma finisce per godere di forte successo tra le sue gambe, contento com'è di non vedermi più come una "Mangia-Uomini" (all'inizio mi classifica tale), ma solo come una tenera amante che vuol renderlo felice.

Mi piace quando gli uomini mi dicono che sono "bravissima" a letto, ma ho imparato per esperienza che quando mi chiedono come faccio ad esser così brava non è un segnale positivo ma piuttosto indice del fatto che vorrebbero una dolce ragazza accanto a loro, e si ritrovano una un po' troppo disinvolta.

Quando sei una prostituta e vivi grazie ai clienti generosi, devi imparare a cogliere i particolari, le sfumature di ogni commento. Adeguarsi alle esigenze è un'arte che va imparata in fretta se non si vuol perdere i clienti.

Così da micia vogliosa mi trasformo ancora una volta in dolce bimba che arrossisce a comando, che cerca approvazione e che prova sentimenti forti per il proprio uomo.
Entusiasta ed estasiato, lo vedo perdere ogni controllo ed inibizione e decidersi a lasciarsi finalmente avvolgere dal calore del sesso.
Un paio di trucchetti tutti "manuali" imparati col tempo mi permettono di toccare i tasti giusti e vederlo finalmente rilassato, in completa balia delle emozioni e dei suoi istinti primari.

Quasi rinato dall'esperienza mi ha regalato altri minuti di estasiante conversazione, spaziando dalla vita di tutti i giorni alle curiosità delle sue esperienze in giro per il mondo.
Mi racconta dell'università dei suoi figli e del suo lavoro.
Mi chiede del mio e rimane sconvolto nello scoprire che ho 23 anni (Cara collega che mi leggi, non gli avevi detto che età ho? ihihih).
Ha quasi collassato scoprendo che sono coetanea di suo figlio.

Abbiamo parlato parecchio della nostra comune amica che, lo ammette per primo, in poche e-mail ha stimolato in lui forte curiosità e un senso di fiducia tale da renderlo convinto che sotto ci potesse esser qualcos'altro, ma impotente di fronte alla curiosità di conoscere me, l'amica consigliata da colei che tanta fiducia gli aveva ispirato.

Ho scoperto che la conosce meglio di me, che devono aver chiacchierato parecchio perchè sa di lei informazioni di cui io ero all'oscuro.

Alla fine s'è convinto del fatto che la nostra conoscente avesse trasformato lui in un test per me, per scoprire se io effettivamente ero ciò che mi ero dichiarata su internet, e forse aveva usato anche me come test per il suo potenziale cliente, per controllare che potesse esser affidabile come lei sperava.

Non ho alimentato queste sue idee, seppur debba ammettere che mi avevano sfiorato più d'una volta.
Ma siamo sinceri, quando mai su internet si può dire di conoscere chi c'è dietro uno schermo?
Potevo esser benissimo una falsa donna, o una falsa escort.
E riconosco che il dubbio di tali bugie si può benissimo applicare anche ai clienti conosciuti in questo modo.

Ma in fondo è andata bene, ne sono uscita contenta.
Mi ha fatto un regalino dolcissimo, un profumo.
E la mia testa bacata dalla vecchiaia dei miei neuroni me l'ha fatto dimenticare lì, su quel tavolino, e me ne sono ricordata solo una volta tornata a casa.
Ma quel che conta è stato uscirne con un nuovo potenziale cliente fisso, con un soddisfacente incontro e con un feeling unico trovato solo grazie alla compatibilità dei caratteri.

E non posso che ringraziare la mia amica per questo!
Grazie!

sabato 14 gennaio 2012

Rischi del mestiere

Oggi incontrerò un cliente che mi è stato passato da una collega, a voler dimostrare che c'è una prima volta per tutto.
Sono un po' in ansia perchè con i miei clienti so sempre dove li ho pescati, conosco tutto di loro prima ancora del primo appuntamento e loro sanno più o meno come sono fatta e se posso piacere loro.
Questo cliente non sa nulla di me se non quello che gli ha raccontato la mia collega.
E per quanto ne so io, potrebbe esser un lupo sotto spoglie di agnello.
Mi sono premunita, ho le mie ricevute (nel caso fosse uno dei fisco!) e ho chi attende una mia telefonata per tranquillizzarlo sulla mia salute (nel caso fosse uno psicopatico).

Ieri ho passato un buon quarto d'ora al telefono con un nuovo cliente che dovrò vedere la prossima settimana.
E' stato davvero carino nei modi e nelle parole e ha promesso che sabato, al ritorno da un viaggio in Israele, mi porterà i pistacchi e ci faremo un pranzo insieme.

Da quando sono fidanzata, quindi ormai da 10 mesi, non prendo più molto volentieri appuntamenti con i clienti, che prevedano uscite a cena, opera o spettacoli d'altro genere, sempre per paura di esser vista in giro.



Eppure devo dire che sono una parte molto importante del lavoro di una escort, forse la più divertente.
Esser corteggiata ogni minuto in attesa del gran finale rende questo lavoro una vera avventura nel mondo della passione e delle sensazioni.
Lui sa che dopo ci sarà da divertirsi e si impegna a far si che tutto sia al mio livello.
Poi passa la cena ad immaginarmi nuda, o il teatro a buttar li occhiate furtive alle mie gambe.
Il teatro dell'Opera era uno dei miei appuntamenti fissi, un luogo che reputo magico per via dell'ambientazione da favola che si può creare in un attimo.
L'anticamera con l'attaccapanni diviene un segreto antro da scoprire, ricoperto da drappi rossi di velluto dove appoggiare la schiena nuda per via dell'abito scollato, e dove provocare le fantasie più segrete dei clienti.
Ricordo con stupore che i clienti di una volta, che mi sceglievo più in base all'età (avanzata) che per sicurezza, il primo appuntamento spesso finivano per portarmi a cena, pagandomi la tariffa normale per questo tipo di appuntamenti e passando un paio di splendide ore in chiacchiere, per poi tornarsene a casa dopo avermi lasciata su un taxi.
Niente sesso.
E' capitato molto più di una volta, in passato, il chè mi divertiva parecchio perchè era in tutto e per tutto un appuntamento normale, volto cioè solo a conoscersi e senza secondi fini.
Con la differenza, rispetto a quelli che mi chiedevano i "ragazzi di turno", di tornarmene a casa anche con un bel po' di soldini.

Oggi però la mia vita è cambiata, preferisco andare al sodo per evitare apparizioni pubbliche, mi scelgo clienti sposati che hanno le mie stesse esigenze, e non mi stupisco più quando scopro che hanno tre o quattro appartamenti in città dedicati solo alle loro infinite amanti, o che in ufficio hanno allestito un vero e proprio spazio d'amore, proprio come quello che ho incontrato ieri e che, per un pelo, non rischiava di farmi svenire quando ha ricevuto la telefonata della moglie proprio al termine del nostro appuntamento e mi ha fatta scendere dall'ascensore di servizio del suo ufficio....

Sono i rischi del mestiere :)
Have a nice weekend!
Giorgia.

giovedì 12 gennaio 2012

Prostituta Vs Cliente: le mie regole.

Quando lavori per passaparola ci sono dei periodi in cui rischi di sentirti un'esaminatrice che fa colloqui a giovani, talentuosi ed aspiranti corteggiatori.
Da quando sono iniziate le ferie invernali ad ora è un continuo di messaggini che si ripetono e che chiedono la mia attenzione ed udienza per vagliare ogni possibile fregatura.

"Ciao XXXX (il mio nome "d'arte") sono un amico di YYY (uno dei miei altri clienti). Mi ha parlato molto bene di te e se per te va bene vorrei conoscerti in settimana. Fammi sapere. JJJJ"


Già dal primo messaggio che mi manda un possibile cliente cerco sempre di comprendere alcuni importanti fattori.
Innanzi tutto il messaggio è standard, ormai tutti lo conoscono, e il fatto di riuscire a mantenere certe mie "regolette" dettate per distinguere i clienti "passati" da quelli che hanno il mio numero per altre ragioni, mi fa capire che la persona sa rispettare le regole date.

Poi capita spesso che chi lo scrive voglia aggiungere qualche elemento più personale, anche solo un'espressione colloquiale tipo "Innanzi tutto ti auguro buon anno!", oppure un "Spero di sentirti presto", e questo mi regala sempre ottimi elementi per classificare un minimo la persona come gentile, piuttosto che inesperto, oppure semplicemente, e capita spesso, fin troppo freddo.

Salvo che qualcuno non mi abbia già parlato del suo amico, di solito fisso un appuntamento per un telefonata.
"Puoi telefonarmi alle 14 così ci mettiamo daccordo per conoscerci!"

Se la telefonata arriva in anticipo, di solito, non rispondo nemmeno. So per esperienza che dall'altra parte c'è qualcuno che vuol soddisfare un istinto momentaneo, di fretta, senza poi però avere la certezza di voler replicare perchè un tipo così è uno istintivo, pronto a un'esperienza magari nuova, ma che non ha veramente bisogno di me e che dunque mi riempie di telefonate per poi concludere un solo incontro e sparire.



La maggior parte delle volte i miei "futuri clienti" sono abbastanza puntuali nel seguire le mie istruzioni e durante la nostra prima telefonata cerco di carpire quanto più possibile del loro carattere facendo qualche piccola ed innocua domanda.

Detto sempre i miei orari possibili, chiedo in che zona si trovano, calcolo se sono clienti che posso vedere abitualmente senza stravolgere i miei programmi.

Spesso è dagli orari che passa il filo dei problemi.

I miei sono molto rigidi per via del lavoro, mentre di solito i miei clienti sono molto più liberi di me e la maggior parte delle volte si adeguano e anzi, cambiano i propri programmi pur di vedermi.

M'è capitato, quando ero più piccina, di gente che volesse vedermi in orari in cui io proprio non potevo.
Facevo di tutto per accontentarli, dai permessi alle bugie sul lavoro.
Ora ho imparato che fin dall'inizio bisogna togliere ogni speranza a chi sta dall'altra parte, di poterti stravolgere gli orari e chiamare a piacimento.
"Mi dispiace tesoro, ma a quell'ora per me è impossibile, se vuoi spostiamo alla
settimana prossima, se sei più libero.
"

E d'improvviso si liberano tutti per accontentarmi.

Sul "regalino", come amano chiamarlo molti miei clienti, nel 99% dei casi sono tutti ben informati.
Ricordo sempre loro che non si tratta di regali, ma ho imparato ormai che amano usare quel termine per non associarsi alla loro idea (squallida, evidentemente) di cliente di prostitute.
Pensano tutti si tratti di un'avventura tra amanti, qualcosa che va oltre un semplice istinto momentaneo e che però regala l'emozione ed il piacere senza le complicazioni di impegno che richiederebbe una storia clandestina.

Ci sono cose che però spesso passano troppo inosservate ai "futuri clienti", regolette che seppur accettate in fase di conoscenza cercano sempre di aggirare dopo qualche incontro.
Ad esempio non amo la violenza e non posso ammettere che mi si lascino segni sulla pelle. Mi sembrano abbastanza ovvi i motivi, ma spesso mi ritrovo tra le gambe persone che amano schiaffeggiare o "punire" la loro bambina, e per quanto io ami profondamente questo gioco con gli amanti e i fidanzati, non posso ammetterlo con i clienti forse proprio per la mia paura di perdere il controllo della situazione.

Capita poi che accettino fin troppo alla leggera il mio comandamento supremo: tutto completamente in sicurezza, a scanso di malattie o altri effetti indesiderati.
Ma poi eccoli quasi tutti, puntuali come orologi svizzeri, che al terzo appuntamento cercano di sconfinare in terre troppo a rischio per i loro mocassini, facendo finta di "essersene dimenticati".

Lo dico sempre chiaramente, a patti non scendo.
Non vedo perchè dovrei, visto che in giro ce ne sono tante e anche migliori di me.
Più disponibili, più trasgressive, forse anche più masochiste.
Ma guardandomi indietro e avendone passate un po' di tutti i colori in questo mestiere, penso proprio di poter dire che preferisco non avere clienti per mesi che dovermi compromettere salute fisica e mentale con uno di loro solo per farlo felice.

Non siete d'accordo?

sabato 5 novembre 2011

Sex talk in class



(Adoro Hugh e Stephen!)

Quando in quinta elementare eravamo ormai agli sgoccioli delle lezioni che ci preparavano all'esamino finale, la maestra di italiano decise di porre agli studenti una domanda che ci aveva già fatto il primo giorno di scuola, cinque anni prima.

"Vediamo ragazzi, ditemi ora quali sono i vostri sogni. Cosa vorreste fare da grandi?"


Mentre tutti si davano un tono di bambini vissuti, cambiando il loro "infantile" sogno di diventare astronauti in quello di ingegneri aeronautici e le bambine ripetevano come una litania che la veterinaria o la maestra potevano esser impieghi a loro più adeguati, io decisi di concludere i miei cinque anni da brava studentessa mantenendo intatto quello che fu il sogno espresso il primo giorno di scuola, annunciando che avrei continuato a perseguire il mio sogno di diventare una cantante.

Ricordo ancora l'agghiacciante sguardo della maestra, accompagnato da una smorfia che riusciva a renderla incredibilmente brutta.
"Possibile mai che questi cinque anni non ti abbiano insegnato nulla Giorgia?"
Il mio sguardo folgorato dalla sua rabbia si puntò sulle mie scarpe in segno di vergogna.
"Non ti ho certo chiesto quale sia il tuo insulso sogno irrealizzabile! Ti ho chiesto qual è il lavoro, il VERO lavoro, che pensi possa darti da mangiare da grande!"
Il mio amore per le provocazioni era già grande ma, visto l'attacco feroce, evitai di premere l'acceleratore sulla burla e smisi di rispondere, quasi indispettita dalla sua arroganza.
Ne seguì un lungo monologo all'intera classe su come si debba crescere in fretta, senza perder tempo con sogni idioti, e su come responsabilizzarsi e costruirsi un futuro non siano impegni rimandabili.

Al suono della campanella corremmo tutti fuori in giardino.
Ricordo ancora quell'albero sotto la cui ombra noi bambine ci mettevamo in cerchio a giocare a "schiaccia-sette".
In realtà quel giorno me ne sarei stata volentieri per conto mio, ferita com'ero dalla vena sadica della maestra che, ne ero sicura, voleva solo offendere i miei sogni e non certo insegnarmi qualcosa di costruttivo per il futuro.
Del resto io a casa avevo già qualcuno che faceva di tutto per distruggere ogni mio idilliaco viaggio mentale verso un futuro diverso.
Speravo, almeno a scuola, di ricevere un po' di comprensione, anche se sapevo già che cantare non era certo un futuro accettabile per una bambina "sveglia" come me.

Le amichette, di cui avevo sottovalutato la sensibilità, vennero in soccorso dei miei sensi feriti e mi invitarono a giocare a palla.
"Va bene che vuoi fare la cantante, - mi disse ridendo Sara - ma non potevi dirle che vuoi studiare medicina? Almeno ci avrebbe risparmiato le urla per tutta l'ora!"

Non aveva torto Sara, colei che tutti ammiravano per pacatezza e tranquillità, bambina che ha ispirato molti dei miei respiri calmanti nei seguenti dieci anni di frenesia totale.

"Lo sai che mi piace farla arrabbiare!" - spiegai sorridendo, sperando di placare anche il risentimento del gruppo che per colpa mia s'era sorbito gli urlacci.

"Daccordo, ma ci sarà pure qualcosa che vuoi fare da grande oltre la cantante! Secondo me diventerai un avvocato, mia mamma dice sempre che gli avvocati sono polemici e hanno sempre la risposta pronta, proprio come te!"

"Ovvio che c'è qualcosa che voglio fare, ma non verrò certo a dirlo a voi!"

Forse ero stata un po' acida, ma mi dava fastidio l'idea che chiunque della mia età potesse impormi una riflessione del genere.

Fu' così che sotto la pressione quasi isterica del gruppo, e a solo dieci anni, dissi per la prima volta una cosa che segnò forse il mio destino.

"Se proprio devo scegliere farò o la suora o la prostituta! Se la passano bene entrambe, senza troppe responsabilità importanti hanno entrambe la possibilità di mangiare a fine mese senza sfacchinare troppo sotto padrone."

Mentre le altre bambine continuavano a guardarmi perplesse, alcune quasi infastidite da quella che sembrava l'ennesima provocazione per farle inorridire, io stessa mi trovai d'accordo con Sara quando tutta seria sentenziò:

"Be', io come suora non ti ci vedo proprio. La prostituta è un lavoro che ti si addice di più!"