sabato 26 novembre 2011

Angelo e diavolo allo scoperto



A settembre sotto spinta di due conoscenti mi sono iscritta con loro ed una quarta ad un corso di total body in una palestra non troppo vicino casa.

Le conoscenti sono la sorella del mio fidanzato (che chiameremo Laura), la fidanzata di loro cugino (Giovanna) e una sua amica (Teresa).
Un quartetto ben assortito, tutte fisicamente molto differenti, tutte con vite agli opposti ma tutte rigorosamente fidanzatissime.

Arrivate alla nostra terza lezione in palestra, nella mente delle mie tre amiche s'era fatta strada l'idea che tutte le altre ragazze del corso ci snobbassero o, addirittura, si prendessero gioco di noi con battutine malcelate.

"Organizzano delle cene e non ci invitano!"
Laura continuava ad insistere su questo punto e io, conoscendo la natura un po' paranoica della mia adorata cognatina, mi misi contro tutte spiegando loro che semplicemente non ci invitavano perchè erano amiche tra loro e non ci conoscevano ancora abbastanza.

In effetti ho sempre avuto il vizio di dare fin troppa fiducia agli sconosciuti, ma mi fece convincere della mia opinione il fatto che durante l'appuntamento successivo l'istruttore disse a tutta la sala colma di Ladies:
"Allora ragazze, chi vuol venire venerdì a ballare? Dai che facciamo un tavolo di tutte le palestrate!"

L'idea mi piacque tantissimo, del resto è una vita che non vado a ballare, amo socializzare con altre donne ma mi sembrava più che ideale la scusante della palestra per crearmi nuove frequentazioni femminili senza ricorrere a patetici approcci da me imposti con gente che non ha nulla a che vedere con me.

Alla fine della lezione corsi da Laura e le dissi che volevo assolutamente accettare l'invito e lei mi rispose con un "No" così perentorio da lasciarmi davvero delusa.
Le altre del mio gruppo si accorarono tirando fuori la scusa del "Vuoi farmi litigare col mio ragazzo?", come se la parola "discoteca" possa in qualche modo sciogliere fidanzamenti che durano da dieci anni.

All'uscita dagli spogliatoi ci ferma la "capetta" del gruppo che fino a quel giorno, secondo le mie amiche, ci aveva ampiamente snobbato.

"Allora ragazze, che fate, venite venerdì con noi?"
In coro uscì un "no" flebile e fu compito mio spiegarle che avevamo tutti dei problemi di vario genere.
Sotto la sua insistenza le dovetti dare altre motivazioni, così usai quella dei fidanzati gelosi nella speranza di placarla.

Mi disse molto chiaramente "Bella, io ho 42 anni, una figlia di 12 e mai mio marito si potrà azzardare a togliermi quegli sporadici momenti di gioventù che ancora mi concedo! Dai, se volete ci parlo io coi ragazzi vostri!"

Un tipo molto "rustico" della Sara, tanto rustico che qualcuno potrebbe definirla una gran coatta.
Io credo si tratti piùttosto di avere molta poco sicurezza in se stessi.

"Facciamo così - le dissi - lasciami il tuo numero, io ti lascio il mio, così se gli uomini cambiano idea ti mando un messaggio, ma non credo proprio purtroppo..."

Sapevo benissimo che le mie amiche non avrebbero cambiato idea, ma una porta aperta è sempre bene lasciarsela.
Del resto Sara voleva un messaggio entro la mattina successiva, altrimenti non se ne faceva nulla.

E così, dopo diverse discussioni pacifiche, con le amiche si decise di lasciar perdere la discoteca e di prendere l'invito come un segno positivo (o per lo meno così volevo io, lottando contro la cocciutaggine delle mie amiche sempre pessimiste).

Il giorno dopo mi imposi di ricordarmi di mandare il messaggio a Sara ma la giornata lavorativa fu infernale e tornata a casa crollai nel letto.
Il successivo ancora me ne ricordai solo al momento di varcare la soglia della palestra, così andai da lei e, prima ancora di salutare tutti, le chiesi scusa se non le avevo mandato il messaggio.
"Tranquilla" - mi rispose. E si mise a ridere.

L'ora di allenamento filò liscia e ce ne tornammo tutte nello spogliatoio, un ambiente unico, suddiviso in tre più piccoli, di cui la prima parte sembra riservata alle modelle spogliarelliste, la seconda, più centrale, alle vecchiette, e la terza, più in fondo, è sempre vuota ed è dove ci mettiamo noi quattro amiche per cambiarci.

Vedo le mie amiche con il volto incupito e le orecchie dritte.
Mi guardano tutte in modo strano, e chiedo loro che diamine abbiano.
"Non senti che ce l'ha con te?" - mi fanno.
In effetti sentivo da minuti, senza ben ascoltare, una Sara urlante dall'altra parte dello spogliatoio che animatamente esponeva il suo ribrezzo verso qualcuno.

"Abbi le palle almeno di dirmelo...!" urlava "Me fai aspettà come 'na scema 'n messaggio, m'hai pure chiesto er numero, mica so 'na regazzina che sta a 'spettà te pe' sapè se vieni in discoteca!"

A quanto si comprendeva, non erano arrivati al numero adeguato per prendere un tavolo, la signorina Sara ce l'aveva con me che l'avevo illusa di venire e quindi ora dovevano accontentarsi di andare a cena, ovviamente senza invitarci.

A parte il fatto che le dicemmo da subito di no e che le chiesi anche scusa per essermi dimenticata il messaggio, non credevo che dovessi anche aver le palle per mandarne uno, quando invece di fronte a me (in persona) non aveva avuto Lei le palle per dirmi ciò che pensava.

Con un contegno degno di 4 vere Signore, ci vestimmo, passammo davanti a tutti col nostro migliore sorriso e salutammo con un "Ciao, buona serata a tutte!", ignorando tanta maleducazione.
Le mie amiche continuarono in separata sede la via del pettegolezzo, io chiesi loro di non alimentare la mia stizza perchè poteva trasformarsi in rabbia.
Mi rovinarono una splendida giornata.

Dalla volta successiva ci furono un paio di allenamenti più "freddi" da parte delle "altre" e noi decidemmo di non rinunciare al nostro sorriso ignorando i fatti accaduti.
Tornarono tutte a sorriderci, anche più di prima.

Finchè, l'altro giorno.... Sara mi ha presa da parte.

"Tu sei un mistero per me - esordisce senza preamboli - Le tue amiche sembrano tre represse bigotte, tu invece simuli una purezza che non hai. Ti metti tute due taglie più grandi della tua, calzini di Hello Kitty, ti leghi i capelli, vieni struccata e ti atteggi a goffa e pura ragazzina, ma io lo so che non sei così.
T'ho vista al centro l'altro giorno, ma ero in macchina e non potevo fermarmi.
Sembravi una modella con stivaloni di pelle, capelli lunghi perfetti, trucco curatissimo, borsa alla moda, passo fiero e poi...poi t'ho rivista oggi e ho capito: tu nascondi qualcosa!
"

Non ho potuto trattenere un sorriso, lei è trasalita dal mio cambiamento di espressione, penso abbia capito molte più cose da quella mia faccia che da qualsiasi viaggio della sua fantasia.

"Ti ringrazio per avermi dato della modella, sei molto gentile.
Ho fatto una pausa, ben mirata a farle salire quel terrore che puntuale ho visto sui suoi occhi.
"Ma fossi in te mi farei meno film e starei più tranquilla, che certe fantasie portano alla paranoia, prima o poi, e la paranoia è molto molto pericolosa!

L'ho osservata dall'alto in basso, sembrava rimpicciolirsi ogni secondo di più, impietrita e parecchio assoggettata dal mio sguardo e dalla mia sicurezza che proprio non si aspettava.

"Ci vediamo martedì" - le ho urlato mentre le giravo già le spalle.

E ora mi godo i miei quindici minuti di celebrità dovuti all'esser stata riconosciuta per strada!
ahahahaah!
Che gente!!

mercoledì 23 novembre 2011

La gatta morta



"Signor Giudice, giuro, non è colpa mia, mi hanno fatta così!"


L'ho capito, ormai.
Mi accade solo quando sono single o quando ho pochi clienti in vista.
E' come se la mia riserva infinita di passione e sensualità rimanesse troppo tempo lì in sospeso e d'improvviso si liberasse con chiunque mi capiti a tiro.

Sono responsabile dell'ufficio acquisti.
Ogni giorno si presentano dei rappresentanti alla mia porta, carini, ben vestiti, nordici e pronti a vendere anche l'anima per accontentarmi.
Li vedo come vittime del mio gioco ma, solitamente, ho molta pietà per loro e mi limito a cacciarli con la frase di circostanza tipica:

"Oggi ho troppo da fare, prendi un appuntamento per parlare con me e approfitta che sei qui per controllare che in sala mostra i tuoi prodotti siano ben esposti!"

Non è che voglia sembrare maleducata, semplicemente mi infastidisce il pensiero che la loro presenza debba esser imposta a me che faccio 10 cose insieme e non ho il tempo nemmeno di andare al bagno, figuriamoci per passare un'ora con quei perditempo che non fanno altro che chiacchierare.

Ieri, come poche altre volte, invece, eccomi lì in preda ad un diavoletto nascosto.
Come se un'altra persona si impadronisse del mio corpo, divento una gatta che fa le fusa.
Li vedi lì, spiazzati, attirati come da una calamita, diventano improvvisamente dei diavoletti, come ammaliati dalla Giorgia seduttiva che si nasconde nel suo ufficio.

Flirto in modo così sfacciato che io stessa mi rendo conto solo dopo delle sensazioni che ho provocato.
Offro il caffè, mi piego "per sbaglio" a raccogliere una penna, faccio una pausa tra una frase e l'altra mentre li fisso con sguardo languido, butto lì una o due battutine personali e d'improvviso l'autoritaria stronza si trasforma in un'autoritaria bomba del sesso che loro bramano, vogliono, sognano.

Questo mio comportamento del cavolo in passato m'ha creato diversi problemi.
Gente che ti perseguita, altri che ti aspettano fuori e altri che, con una scusa, ti tartassano di visite poco gradite.

Limitarmi è diventata una missione, ma la goduria che provo nell'avere tra le mani un giocattolo soggiocato dalla mia presenza è quasi insostituibile.

Amo giocare, mi limito, mi convinco che devo stare attenta, ma a volte è più forte di me e non posso farci proprio nulla!

lunedì 21 novembre 2011

Una Puttana in crisi economica



Ho colto il consiglio della cara Bella e mi son scaricata le 4 serie del telefilm "Diario di una squillo per bene" ed ho fatto di più, me le son sparate tutte e quattro.
Devo dire che è un telefilm davvero simpatico e spesso racconta qualche cosa di vero sul nostro mondo, anche se credo che molte differenze dipendano più dalla cultura e nazionalità differente che da un vero e proprio distacco con la realtà di questo lavoro.

Davvero bello, grazie :)

Se ho avuto il tempo di guardarmi 4 stagioni di un telefilm in una settimana è perchè, molto semplicemente, sto avendo un calo professionale non indifferente.
Da un lato ci sono io che sono più svogliata che mai, sarà il freddo o il periodo poco costruttivo.
Dall'altro ci sono i clienti che svaniscono come per magia nel nulla, lasciandomi in balia di grosse preoccupazioni economiche e di conseguente forte depressione.
Sabato ho avuto il primo appuntamento dopo 7 giorni.
SETTE GIORNI!
Nemmeno me ne fossi partita per un'isola deserta avrei rinunciato agli introiti di sette giorni di lavoro.

Eppure è come se la crisi si fosse abbattuta sulle tasche dei clienti o, più tragicamente, si sono stancati tutti insieme di me.
La cosa sconvolgente è che io mi sono costruita il mio piccolo menage di clienti fissi con tanta fatica.
Sono cinque.
E state pur certe che ogni settimana almeno 3 di loro hanno l'insaziabile bisogno di vedermi.
Possibile mai che tutti insieme 4 di loro si siano dimenticati di me?
Sono forse tutti partiti per le hawaii?

Non capisco, sono un po' confusa.
Per come son fatta non azzarderei mai un contatto da parte mia, ma mi piacerebbe sapere cosa dovrei fare ora.
Se questi 4 decidessero dopo tanto tempo che si son tutti stancati, non mi rimangono che gli occasionali clienti, e io odio gli occasionali perchè non c'è mai quel feeling che ho con i miei fantastici 5.

Sto iniziando a pensare che dovrei metter sù un annuncio, ma non so bene dove potrei metterlo perchè i siti di riferimento sono zeppi di fake che buttan lì due foto di Megan Fox col volto coperto e si spacciano per splendide escort di lusso.

E poi come dovrei scremare i contatti? Da una semplice e-mail dovrei comprendere l'affidabilità di un cliente?
Andare avanti per passa parola m'è sempre servito per questo, aiuta a star più tranquille e a lasciarsi andare più facilmente.

Basta, devo agire, devo fare qualcosa o qui ci si ritrova con rate e affitto da pagare e niente più entrate, e lì si che son cavoli amari!

Vado a cercare qualche sito decente e, se avete consigli, sono qui :)
Buona settimana a tutti!
Giorgia.

martedì 15 novembre 2011

Mio fratello



Mio fratello ha 20 anni.
A vent'anni la vita è proprio strana.
E' una figata.
Sei abbastanza adulto da prendere decisioni importanti, da scegliere di lavorare e guadagnare, da spassartela in giro e da non farti comandare più da nessuno.
Però poi, avendo sempre vent'anni, qualsiasi stupidaggine fatta può esser catalogata sotto la voce "inesperienza" e alla fine te la cavi sempre.
Sono ben lungi dal rimpiangere un'età come i vent'anni, visto che ne ho ancora (per fortuna) solo ventitrè.
Però è proprio vero che vista da fuori, quest'epoca della vita è davvero interessante.
Ogni giorno può sembrare uguale all'altro, ma nel raggio di poche settimane si può sconvolgere la propria vita, le proprie abitudini e le proprie opinioni senza neanche accorgersi di esser stati, appena un anno prima, una persona del tutto differente.
In realtà lui non è molto assimilabile un ventenne, anzi, lo definirei molto più vicino a uno dei tanti trentenni d'oggi incontrati sul mio percorso.
Sarà la vita da lavoratori o le ferme convinzioni di indipendenza che ci accomunano, ma nessuno dei due s'è mai visto davvero nei panni di giovane scapestrato pronto a tutto.

Così io e mio fratello, a vent'anni, abbiamo deciso di cambiare radicalmente il nostro modo di essere e di scambiarci le parti.
Lui è sempre stato un romanticone che trovava nell'amore l'unica vera spinta a mettere in moto quel suo pigro e svogliato carattere.
Ce lo vedevamo tutti a 25 anni, sposato con due bambini, un cane e una bella casa.
Io dal mio canto rifuggivo l'idea di una coppia tradizionale, del matrimonio e dei figli, in favore di una più ampia visione del mondo, ove l'unica protagonista fossi io e il mio viaggio alla scoperta dell'umanità, con tanto di fidanzato di turno "solo per tenermi compagnia".

Un bel giorno poi s'è adoperato il cielo a cambiare le stelle e le esperienze a stravolgere le menti.
La fredda e cinica Giorgia, quella che tutti consideravano una sequoia secolare, ha deciso di piegare i propri rami e di approfondire quel sentimento che tanti le avevano raccontato e che mai lei aveva considerato possibile e realistico. L'Amore.
E mentre si discuteva di cambiamenti, quel placido fratellino ventenne che nella mia mente rimarrà sempre un pupo dolce e romantico, si scopre esser un vero bastardo con le donne, uno che vaga di fiore in fiore rifuggendo legami di qualsiasi specie e "liquidando", come dice lui, le pulzelle al primo sintomo di "attaccamento emotivo sconsiderato" (ovvero quello che per tutti noi si traduce in un semplice "affezionarsi").

Peccato sia tardi e debba andare in ufficio.
Di com'è cambiato il mio fratellino vorrei ancora parlarne.
Mi dona tante di quelle riflessioni, alcune anche molto sconfortanti, ma sicuramente è ancora una volta uno spunto in più per comprendere lo strano mondo di caratteri che mi circondano e che nascono, tutti e sempre, da esperienze del differente cammino di vita intrapreso.
Intanto vi auguro una splendida giornata :)
G.

lunedì 14 novembre 2011

L'amaro



Certi giorni è come se d'improvviso mi affievolissi.
Mi manca la voglia di fare, di continuare su una strada già battuta.
Ho come una vocina sulla spalla che mi ricorda di pensare sempre positivo, di ringraziare ogni giorno per ogni vittoria e guardare bonariamente alle sconfitte come a esperienze importanti per la mia formazione.

Eppure mi manca la voglia.

La voglia di fare, di crescere ancora.
Vorrei non aver bisogno di soldi, di cose materiali.
Eppure è nella mia natura e non posso farci granchè.
Non avere una casa mia sta diventando veramente un peso.
Odio l'idea di non poter cambiare la vernice alle pareti o i tramezzi della struttura.
Odio dovermi adeguare a pagare un affitto.
Mi pare di vivere in un quadro di Escher.
D'improvviso la strada che scende diviene una scalinata in salita e nulla è più così chiaro, le certezze scompaiono e l'insicurezza mi distrugge.

Ho passato il weekend nelle concessionarie a osservare uomini che vendono scatole con 4 ruote facendole passare per investimenti quando certo, tali non saranno mai.
E dare 20mila euro per una scatoletta di tonno con un navigatore e degli inutili e fastidiosi sensori di parcheggio mi pare quanto mai uno spreco di soldi.
Sudatissimi soldi.

Sudati perchè in questo periodo mi deprime molto lavorare.
Fare il mio secondo lavoro, conciliare gli orari col primo.
Andare in palestra, vedere amici e parenti e stare col mio ragazzo.
Sta diventando uno stress davvero unico.

Sempre più spesso lui mi chiede se non ho un amante.
Pare che i suoi dubbi provengano dalla mia accesa verve sessuale che scateno nel weekend con lui è, come lui non sa e non spera, sopisco durante la settimana con i clienti.
L'unica cosa che lo placa è il fatto che siamo quasi sempre insieme e, come gli dico io, "quando mai troverei il tempo per un amante"?

In effetti tutta questa mia frenetica vita altro non fa che togliermi ogni attimo di tranquillità e solitudine.
Sono sempre con qualcuno, sempre alle prese con "l'apparire" in perfetta forma.
Forse l'unico momento in cui sono me stessa è quando dormo.
Ma non sono più tanto sicura nemmeno di questo.

Il cibo sta diventando un incubo.
Sono fisicamente condannata ad ingrassare per costituzione.
In più ora che gioco alla brava massaia e mi cimento con ricette di ogni nazionalità per dolci sempre nuovi, mi accorgo che il mio fidanzato ama assaggiarne uno spicchio per volta e quelle maledette torte si impilano pericolosamente dentro il mio frigo, richiamando la mia attenzione ogni volta che lo apro in cerca di frugali calorie da inserire nel mio debole corpicino martoriato dai ritmi intensi di vita.

Dunque oltre a stare attenta ai soldi, attenta ai cellulari che tengo accesi, attenta ad ogni singolo minuto in agenda e a non trascurare nessuno, ora debbo stare anche attenta al cibo.

Me l'aveva detto mio padre che la vita è tutta un obbligo, abitata da cose che "ci fanno schifo ma vanno fatte, come pagare il bollo di un'auto parcheggiata 300 giorni l'anno sotto casa".

Basta, chiudo qui 'sto patetico sfogo.
Ogni tanto ci vuole anche uno scorcio di buio per poi ricominciare ad apprezzare la luce.

Com'è che dicevano in quel film di Tom Cruise?
Il Dolce non è mai troppo dolce senza l'amaro!

venerdì 11 novembre 2011

Politicanti



Sono nata per la rissa.
Da piccola mi dovevano sempre tirar fuori da un ammasso di pugni sferrati dai maschietti imbufaliti perchè li avevo provocati.
Crescendo mi sono costretta a tanto tanto Zen mentale per deviare le mie folli reazioni su qualcosa di più sano.
Palestra, discussioni (verbali) accese e, sicuramente più salutare, tanto tanto sesso selvaggio.

Ho questo vizio dell'enfatizzare sempre al massimo quel senso del dovere e quel profondo rispetto per le regole che mi hanno insegnato da piccola e, a volte, di fronte alle ingiustizie o all'ignoranza passo da equilibrata personcina matura a incazzata paladina dei diritti.

Allo stesso modo ho imparato, grazie anche e soprattutto a dei professori di liceo con gli attributi, a cercare sempre di crearmi un'opinione basata su ogni singolo elemento ricercabile, senza fermarmi mai a quella che gli altri (dai media ai semplici amici) ti rifilano per "la verità assoluta".

Così mi infastidisco parecchio quando mi scontro con persone che tendono a parlare di argomenti quali politica ed economia, senza avere il benchè minimo elemento probatorio per dare un fondamento alle loro certezze e senza aprirsi al confronto costruttivo con chi hanno di fronte quando questi non la pensa come loro.

M'ero imposta di non parlare di politica in ufficio, santo cielo!
Chissà perchè sono così idiota da esserci cascata.

Ieri ero lì alla macchinetta del caffè e due mie colleghe chiacchieravano in tutta tranquillità quando una di loro, così dal nulla, se n'esce con una frase che ho trovato quantomeno singolare:

"Giorgia, hai visto che mi stanno facendo al mio povero Silvio? Sono tutti una manica di traditori bastardi!"

Non so perchè questa mia collega si sia convinta, negli ultimi due anni, che io sia "berlusconiana" quando sinceramente, al di là delle correnti politiche, se c'è un personaggio politico che non mi piace è proprio il suo amato Silvio.

Forse ero sotto l'effetto di troppa caffeina perchè risposi in modo divertito con un quesito che mi piace porre a coloro che, con lavori umili e con due soldi contati per arrivare a fine mese, continuano a parlarmi di B. come fosse un poveraccio massacrato da colleghi e dall'opposizione:
"Povero Silvio - ho buttato lì - e ora come faremo senza di lui? Chi ce le farà più le leggi che tanto ci sono utili come quelle sulle intercettazioni e sul processo breve?

La mia collega era alquanto confusa.
Non poteva sfuggirle il mio tono sarcastico e quasi provocatorio, così ha ribattuto nel modo che speravo urlandomi contro che B. ha fatto un sacco di leggi per noi cittadini ma che le opposizioni non gli hanno dato il tempo di metterle in pratica.
Tutta colpa delle opposizioni che non lo fanno lavorare e dei traditori che gli fanno perder tempo con questioni stupide ed inutili.

Sguardo trasognato, faccia incuriosita e occhioni spalancati: "Non mi dire! E quali disegni di legge ha fatto per noi cittadini? Non ne sapevo nulla!"

Mi fa morire dalle risate chi parla senza aver nessuna conoscenza di un argomento.
Io non so niente di politica, non amo discuterne perchè non ne ho le basi.
Ma quando qualcuno con forza e sicurezza proclama la sua incondizionata fede ad un politico, vorrei perlomeno sperare che sappia cosa questi ha fatto di buono.

Com'era prevedibile, la mia collega non sapeva rispondermi.
Uno che sta al governo, tra vai e vieni, dal 1994 e lei che lo sostiene tanto non sa nemmeno che legge (o disegno di legge) potrebbe portare ad esempio per esaltarne le doti di difensore del popolo e dei suoi diritti.

E quando sono in difficoltà e si trovano a confrontarsi con la propria ignoranza, le persone possono prendere solo due strade:
Una, quella che io prediligo, porta a riconoscere le proprie lacune e a correre ad informarsi meglio.
L'altra, quella che purtroppo molti mettono spesso in campo, è quella di attaccarsi alla propria ignoranza come ad una scorza di limone a protezione del succoso interno.
Vi si avvinghiano inferociti contro il mondo che non li comprende e che, per questo motivo, chi sta fuori è sbagliato e cattivo.

"Scusa, sai, ma tu da che parte stai? - mi ha chiesto tutta innervosita.
"Dalla parte di chi non ruba 15mila euro al mese al paese per fare leggi a proprio uso e consumo! - le ho risposto.

Non l'avessi mai fatto.
Mi guarda come una iena assatanata, mette su un sorrisetto malefico e mi risponde:
"Come se tu ne guadagnassi tanti di meno! O forse mi sbaglio?.


Una specie di meteorite s'è fiondato sulla mia testa.
Mi guardavo dall'alto la scena, pensieri alla rinfusa, per un attimo convinta che Lei sa!, sa del mio secondo lavoro e sta per dirlo a tutti, Oh mio Dio....Sa!!!.

E' stato un attimo di esitazione che mi ha fregata.
Ho girato gli occhi verso lo specchio, poi mi sono rigirata verso di lei e le ho sussurrato che "Si, in effetti guadagno anche di più, non si vede? Vesto Prada e Armani e viaggio in Limousine da casa a ufficio ogni giorno!

L'ho buttata lì, sorrisetto di ricambio e lei è scoppiata a ridere.
Scherzava, dio santo, ma m'è parso proprio che ci credesse.
E io stavo per svenirle davanti...

Lo ripeto: maledetta me quando parlo di politica!!!

giovedì 10 novembre 2011

Incidenti...anali!

Quando ero una giovane ragazzina "incosciente", ovvero fino a uno o due anni fa, amavo, chissà perchè, infilarmi in casini pazzeschi.
Il brivido dell'ignoto è davvero destabilizzante per una che ha sempre tutto sotto lo stretto controllo della propria mente e delle proprie mani.
E la stabilità è entrata a far parte delle mie esigenze solo molto di recente quando, andando a vivere da sola, ho scoperto in me una vulnerabilità che mi ha fatto prendere coscienza di un fatto importantissimo: l'unica persona che può proteggermi davvero sono io stessa.

Del resto il mio sistema di esercitare "la professione" è molto più sicuro ora di quando, anni fa, sfruttavo gli annunci online e spesso mi imbattevo in gente davvero poco piacevole se non, addirittura, inquietante.

Un mio caro amico, molto facoltoso e decisamente addentro a certi sistemi di potere, pur di vedermi "lavorare in sicurezza", m'ha lanciata nel mondo delle conoscenze che contano, consigliandomi ad un suo amico.
Da lì è partita la catena di passa-parola per cui i miei clienti, in qualche lontano modo e per qualche seppur marginale rapporto sociale e lavorativo, sono tutti collegati tra loro, uniti da un invisibile filo che li accomuna per status sociale, ambienti frequentati e maniere (eleganti) d'approccio.

Il mio cliente di ieri è uno di quelli che ormai potrei definire un amante fisso.
Un minimo di due o tre incontri al mese da quasi un anno lo rendono nella mia agenda uno dei più assidui, per non parlare delle settimane di instancabile passione in cui decide che vorrebbe vedermi anche due volte in un giorno (con mio puntuale diniego, perchè ho anche una vita privata da difendere!)

Però, come tutti i miei clienti e i miei dolci amanti, si segue sempre una certa routine.
Ognuno ha i suoi orari preferiti e i suoi "luoghi sicuri". Ognuno ha le sue fantasie e i suoi gusti personali.
E certe cose sono mentalmente catalogate nel mio inconscio, per cui so sempre come comportarmi, dove recarmi e, cosa più importante di tutte, come organizzarmi.

Quando fai la prostituta spesso ti ritrovi a giocare un ruolo, come in una commedia di Julia Roberts.
Le colleghe saranno d'accordo con me nel definirla una parte divertentissima di questo lavoro.
Se nella vita reale sono una giovane decisa e ben poco vulnerabile, il mio ruolo con i clienti vira spesso sulla magistrale interpretazione di una bimba dolce e volubile, sottomessa al gioco del suo padrone al quale è devota sempre.

Non dico che sia così con tutti, ma certamente molti di loro, statisticamente, provano piacere nel sottomettere la partner. (Credo sia per questa ragione che vengono con me mettendo in secondo piano le mogli.)

Così quando si organizza un incontro e si stabiliscono nuove regole, è davvero brusco il passo dal loro recitare una parte dominante al loro "adeguarsi" alle mie ferree regole.

Il mio bel cliente di ieri ha un carattere molto particolare.
Lui comanda. Punto.
E' molto attento nei miei confronti, alle mie esigenze e ai miei bisogni, ma spesso è convinto che debbano corrispondere con i suoi.

Mi manda un messaggio.
"Ci vediamo domani alle 13.30?" e poi un indirizzo.
Guardo su Google Maps e scopro che è molto più vicino del solito posto d'incontro.
Rispondo che va bene.
E poi sale l'ansia.

Non è, in realtà, un'ansia motivata da paure concrete quanto piuttosto dal fatto che certe incognite fuori dal mio controllo possono sempre nascondere varie problematiche che provocano in me forte disagio.
Ad esempio io ODIO arrivare tardi in ufficio.
Quando finisco un appuntamento devo avere la certezza matematica di farcela a tornare per tempo a lavoro.
Ieri non ce l'avevo.
E poi ODIO dovermi destreggiare trai condomini dei palazzi ad uso abitativo.

Io non ci vado mai a casa dei clienti e, per quanto riconosca che spesso possa essere più comodo, è sicuramente più pericoloso in vista di eventuali mogli e amici nei paraggi e, cosa non da poco, mi ritrovo a dover studiare la situazione per non farla diventare una scena da manuale in cui chiunque ti vede ti nota e classifica come "la puttana che ogni giovedì va da quello del quarto piano".

Avevo già 5 minuti di ritardo all'appuntamento, dopo il terzo giro alla rotonda di Via Trionfale per capire dove diamine dovessi svoltare.
Questa zona è per me sconosciutissima e, in tutta sincerità, ci sono ben poche cose che odio più del traffico di Roma.
Lui mi tartassa di chiamate per assicurarsi che io non mi perda.
"Adesso svolta lì, ora passa di qua"... e io che odio chi mi da ordini nella vita quotidiana!

Arrivata finalmente a destinazione mi apre un cancello che da su un'enorme piscina.
Guardo quello stabile e scopro che Google Street View l'ha ritratto in una buona luce perchè se ne percepisce, dal vivo come nella foto, l'aspetto di puro lusso che i costruttori gli hanno voluto conferire.
Salgo al piano stabilito e, entrata nell'appartamento, scopro che l'Upper East Side di Manhattan non è più l'unico posto dove vorrei abitare se vincessi al superenalotto.

Piazzato lì, nel bel mezzo delle viuzze alberate che sfiorano il caotico traffico romano, c'è il paradiso immobiliare che ho sempre sognato.
Una rivista di design e arredamento non avrebbe potuto realizzare di meglio.
Appena entrata una forte luce abbaia la mia vista.

Pareti bianche e arredamento minimal, una splendida cucina all'americana con tanto di isola piazzata in mezzo con un'enorme cappa rivestita di legno wengè.
Rivestimenti di un lusso quasi esagerato (deformazione professionale, scusate ma con 'ste cose io ci lavoro) e pavimenti in un grès davvero ricercato.

Al pian terreno c'è solo la cucina, un bagno con maioliche da urlo e un salone illuminato dall'enorme balcone.

Si sale poi una scala (sempre bianca) e ci si fionda in un mondo di sogni.
Salottino privato con lucernario che occupa quasi tutto il tetto.
A destra due camere da letto con un bagno per ognuna.
A sinistra una scaletta che scende di poco e accede alla camera padronale dove, sotto l'ennesimo lucernario gigante, si staglia il letto più bello che abbia mai visto, quasi più grande dei King Size americani a cui mi hanno abituata nei miei soggiorni oltre-oceano.

Il mio cliente, che per viziarsi si regala sempre il massimo del lusso, mi racconta con orgoglio che è più di un anno che sta ristrutturando questo suo attico per renderlo a sua immagine e somiglianza.
Mi mostra ogni stanza, ogni particolare, e delizia il suo ego enfatizzando come questa o quella geniale idea o soluzione d'arredamento l'abbia avuta lui stesso.

Finiti i convenevoli da novità-abitativa, si passa al sodo del nostro appuntamento e, forse ancor irrigidita dall'ansia che mi aveva accompagnata nel viaggio, succede una cosa che in tanti anni non m'era mai accaduta.
Questo cliente, come diversi altri, ha la passione per il mio derrière e spesso non si risparmia in veri e propri viaggi di piacere al suo interno.



Ho riscoperto questa pratica negli ultimi due anni, dopo diversi secoli di odio per chiunque si avvicinasse lì giù; e non posso non ammettere che se fatto come si deve è anche molto piacevole.

Ma ci sono dei fattori fondamentali da rispettare e metter in pratica perchè non si verifichino spiacevoli incidenti o traumatici dolori.
La lubrificazione e la delicatezza sono componenti essenziali perchè il mio cliente possa avere il via libera e, dal mio canto, rilassarmi ed abbandonarmi totalmente ad esser posseduta mi permette di lasciare che i muscoli assecondino la penetrazione senza provocare conseguenze disastrose.

Ieri io di rilassato non avevo proprio nulla.
Anzi, semmai ero dapprima in agitazione per la novità e poi in emozione totale davanti a tanto spettacolo di arredamento.
Non è stata questione di dolore ma di ciò che, normalmente riservato solo alle mie private sessioni mattutine al bagno, ha sporcato il pene del mio cliente.

E' stato orribile.
Non amo usare termini volgari in modo inappropriato, ma qui si può a giusto motivo dire che l'appuntamento è andato "di merda".

Io ero disperata (dentro) e mortificata (fuori) per ciò che è accaduto.
Lui, dal suo canto, continuava a dirmi che è naturale, che non è colpa mia e che "mica l'hai fatto apposta!"
Grazie al cielo è stato davvero comprensivo e dolce ma, a ben analizzare la situazione, non so se questo possa avermi "fregata" e avermi fatto perdere un cliente.

C'è di sicuro che, dopo l'incidente e relativa doccia di entrambi, ho dovuto ricominciare il lavoro da capo, concedendogli qualcosa che di solito non permetto volentieri (un po' di violenza fisica, che vuoi che sia in confronto a quel che ha subito lui?).
Lui è venuto nei tempi, il chè è stato strano, convinta com'ero che la cosa l'avesse scioccato almeno quanto aveva scioccato me e che non sarebbe più stato in grado nemmeno di continuare.
Salutatici dolcemente son tornata di corsa a casa a effettuare una ristrutturazione mentale e fisica alla mia persona e a cercare di capire come evitare che tutto questo accada di nuovo.

Perchè, ve lo assicuro, dovesse ri-succedere, io mi sotterro viva per la vergogna!!

mercoledì 9 novembre 2011

Ansia da appuntamento

Ecco l'ansia che sale.
Cliente affidabile ma, senza spiegazione aggiuntiva, cambiamento radicale di zona e luogo dell'appuntamento.
Street View racconta una zona di Roma molto "in" e tanto nascosta che proprio non la conoscevo.
Speriamo di non incappare in problemi.
Ho un po' di ansia da prestazione.
Già lui è molto particolare di suo, se mi cambia le abitudini così rischio davvero di crollare sotto l'influsso delle mie paure più recondite.

Forza d'animo, aiutami tu!

E voi, miei cari, se non mi sentite entro domani....chiamate aiuto! ehehehe!

martedì 8 novembre 2011

Clienti e...Mogli!

Io certi giorni i miei clienti li strozzerei a turno!
Fino al mese scorso una cosa che adoravo di questo mio giro di abitué era il fatto che sembravano contare i giorni e ricordarsi quando dovevo avere il ciclo per non chiamarmi nella settimana cruciale.
Che poi come facessero non lo so, visto che io stessa a volte aspetto anche 20 giorni di ritardo.
In effetti, ora che ci penso, dovevano esser solo coincidenze.
Ma la settimana scorsa, durante il mio bel ciclo, ho dovuto dire di no ad un bel numero di clienti i quali sembravano quasi infastiditi.
Ho deciso di non girare più intorno a certi eventi.
Ogni volta che avevo il ciclo, prima, dicevo semplicemente che avevo un po' di febbre.
Non m'è mai sembrata una cosa molto elegante nominare "le mie cose" con i clienti.

Ma quando loro insistono fino alla morte i fanno davvero girare i cosiddetti perchè sembra che tu sia semplicemente una svogliata bambina viziata che non vuol vederli.

Per carità, nessuno si mette lì a sindacare troppo, ma mi sente una certa vena di stizza nella loro voce.
Un "no" è un "no" e non si discute.
Ma un cliente deluso è un cliente perso, e ora mi toccherà fare il giro di telefonate inventandomi scuse assurde tipo:

"Tesoro, m'è parso che mi chiamassi ma il cellulare a volte fa le bizze, volevi per caso vedermi domani? Perchè ho un buchetto in agenda che sembra fatto per te!"

Di perdere clienti proprio non me lo posso permettere in questo momento.
Senza contare che molti di loro, dopo l'estate, hanno subito la tirannia delle mogli che hanno cambiato la loro routine togliendo qualche corso di yoga o palestra e dunque privando i mariti di un paio d'ore "sicure" a settimana di libertà dal loro controllo.

Odio certe mogli.
Un mio cliente ha un bimbo di tre anni e la moglie spesso lo chiama per fargli salutare il bambino al telefono mentre lui "è in ufficio" (ovvero a scopare con me mentre lei è convinta che sia in ufficio).
E io, che già ci metto fin troppo impegno ad alleviare certi stress quotidiani, spesso mi trovo a ricominciare il mio lavoro con lui dopo le telefonate, avendo sotto le mani un uomo che si irrigidisce come pochi dopo aver sentito le strilla del suo pargolo urlante.



Altre mogli hanno questo indecente costume di fare le "sorpresine".
"Amore, t'ho fatto una sorpresina, sono sotto il tuo ufficio, scendi a prendere un caffè con me?"
Ecco perchè è sempre essenziale incontrarci in luoghi vicini ai loro abituali ma non conosciuti dalle mogli.
E allora li vedi lavarsi e rivestirsi alla velocità della luce, spruzzarsi ogni genere di profumo maschile e volar via al loro ufficio, a un chilometro di distanza, entrando in un portone nascosto solo per far salire le loro mogli in ufficio e dimostrar loro che non hanno nulla fuori posto.

Ora vado a prepararmi per il primo incontro post-ciclo di questo mese.
E poi....giro di telefonate adulatorie con relativa agenda da sistemare e conto in banca da rimpinguare (che qui si piange povertà!)

Un buon martedì bei blogger miei! :)

lunedì 7 novembre 2011

Un disegno più grande

Charlotte: "Questa storia deve finire. Sì, è una cosa tragica. Tu sei innamorata e non ha funzionato. Ma adesso è arrivato il momento di chiudere con lui ed andare avanti con la tua vita. Prima è, meglio è. Lo sanno tutti che nella vita ti spettano solo due grandi amori. Io ne ho avuto solo uno: Trey."
Carrie: "Mi rifiuto di definire l'amore in un senso così ristretto."
Charlotte: "Oh ma dai Carrie: Aidan e Big!"
Carrie: "Uno e due. Stando alle tue teorie io ho chiuso. Ormai è troppo tardi, hai detto che non ho più speranze.
Qui giace Carrie: ha avuto due amori e centinaia di scarpe!"


A volte rido ripensando a certe frasi di quel telefilm che ha fornito tanti spunti di riflessione a me che ho formato la mia consapevolezza del sesso a pane, uomini e "Sex and the City".

E quando, sempre più spesso, mi ritrovo a riflettere su quel temibile dubbio che da un paio d'anni mi porto appresso, mi rendo conto di quanto noi esseri umani riusciamo a incasinarci la vita da soli, pur di non violare certe nostre rigide regole auto-imposte che ci fanno vivere con la certezza di non sbagliarne una.

Sono una persona "rigida" nei miei principi e nelle mie regole.
A mia discolpa posso dire che con gli anni sono riuscita ad elasticizzarmi parecchio, svincolandomi da certi classismi dovuti alla mia repulsione innata per tutto ciò che fosse "mediocre".
Un fidanzato mediocre nel campo lavorativo o sociale, ad esempio, fino a 4 anni fa per me era qualcosa di impensabile.
Rispetto alle mie coetanee ho sempre avuto lavori con stipendi favolosi, vestiti alla moda, fidanzati grandi (o fin troppo maturi per me) e ricchi da far schifo.
Ho goduto dello sbocciare della bellezza, del ragionato studio dell'arte oratoria e della consapevolezza della mia grande capacità di ammaliare (a discapito, lo ammetto, di una componente essenziale di modestia che spesso m'ha resa antipatica agli occhi di molte).

Ed è per mantenere una certa coerenza con queste mie caratteristiche personali e convinzioni granitiche che ad un certo punto della mia vita ho deciso di troncare di netto una relazione fantastica con un uomo (anche se a 32 anni ormai si chiamano ancora "ragazzi") che mi amava e che amavo davvero e con cui ero felice come non mai.

Sicuramente P. ha cambiato il mio modo di vedere il mondo, regalandomi supporto e serenità, aiutandomi ad esser sempre ottimista e piena di vita e facendomi riscoprire il mio lato "bambinesco" perchè, come amava dire lui,
"sei una giovane con problemi da grande, ma devi svecchiarti o ti sveglierai a 40 anni con la voglia di fare la bambina!"

E così ho passato con lui due anni da sogno in cui tutto era fantastico, idilliaco.
La ricchezza della sua famiglia gli permetteva di fare il giovane Peter Pan a spasso per il mondo e aveva smesso di passare la sua vita in viaggio solo per me.
Mi portava spesso alla scoperta di posti esotici, passava con me ogni mio attimo libero e viveva di interessi che io non avrei mai coltivato, come fotografare gente nei locali romani, passare le nottate alle feste più cool e ampliare il suo gruppo d'amicizie sempre molto altolocate senza badare però alle questioni meno effimere.

Cominciai a sentire un peso forte allo stomaco quando le mie conoscenti, mie coetanee, iniziarono a fare cose "da grandi" battendomi di gran lunga per tempi e modalità.
C'era chi si metteva a figliare a soli 21 anni, chi decideva di convivere e chi progettava matrimoni.
Io invece vivevo a casa di mamma e avevo un lavoro da assistente che mi succhiava la vita.
Facevo la puttana a tempo perso e sentivo molte responsabilità addosso, come un'incalzante richiesta del mio angioletto interno di prendere coscienza che era arrivato il momento delle grandi decisioni.

Ricordo ancora quella nostra accesa discussione.
La prima in due anni.
Aveva litigato con sua madre per una questione per me inconcepibile.
Non riteneva infatti adeguato, per una signora di così elevato livello sociale e culturale, che lei si mettesse ogni mese seduta alla scrivania a fare conti su bollette, affitti e spesa.
Lui, che viveva in un mondo dorato dove ogni cosa era spesata a monte, non riusciva a prendere coscienza che nella vita ci sono delle responsabilità da affrontare e che non tutti hanno una casa pagata, un lavoro che dia da mangiare e una famiglia da mantenere.
Dai suoi occhi ciechi di sognatore, traspariva ottimismo.
Nei miei lucidi di cinismo si è sempre letto un certo senso pratico dovuto forse alle mie origini umili.

Così, di punto in bianco, lo lasciai.
In realtà mi convinsi che era la soluzione più logica e razionale da prendere.
Un bambino che non voleva diventare uomo, a cui non veniva nemmeno in mente l'idea di una famiglia, di una casa o di costruire un qualsivoglia futuro.

Ho patito dolori degni del giovane Werther, ma l'ho fatto con la convinzione di esser nel giusto.
Vedere soffrire un uomo ottimista, uno che t'ha dato così tanto, poi, è stato davvero un brutto colpo.
M'inseguì per mesi con rose, biglietti, messaggi, apparizioni a sorpresa con tanto di dichiarazioni e poesie.
S'improvvisò uomo vissuto e mi disse che mi avrebbe sposato l'indomani a Las Vegas, se era questo ciò che poteva rendermi felice.
Che avrebbe smesso di viaggiare o di rincorrere sogni che non ritenevo adeguati.
Tutto purchè fossi tornata sui miei passi e mi fossi abbandonata al nostro amore.

Non sarò ipocrita nel descrivere ciò che davvero ero in quel periodo:
"Stronza cinica" era l'accoppiata d'aggettivi che più mi si addiceva.

Tante volte davanti alle sue plateali dimostrazioni d'affetto pensai di tornare sui miei passi.
Odiai me stessa quando fui così stronza, a mesi dalla nostra rottura, da accettare un suo invito per andare all'Opera; invito che lo aveva indotto a sperare in un mio ripensamento.
Non capendo che io volevo solo vedere la Carmen.

E continuai ad infilarmi in storie pazzesche con uomini grotteschi, ragazzacci spericolati e personcine noiose e di tutto rispetto, pur di non pensare a lui.
Feci soffrire davvero molti ragazzi in quel periodo, usandoli come fazzoletti e buttandoli via con lo stesso riguardo.

Ma ero convinta delle mie convinzioni.
Una volta presa una decisione non si torna indietro o si passerà per imbecilli.
In base a questa idiozia di percezione mi condannai ad altri due anni di sofferenze, finchè non ho conosciuto lo splendido uomo che ora accompagna ogni mio giorno.

La cosa che fa più male, ora come ora, è sapere che un uomo che hai amato tanto ha sofferto le pene dell'inferno per colpa tua.
Ed è stato quando si è fidanzato con una bella e giovane donzella che sicuramente più si confaceva alla sua vita "nomade", che ho capito quanto dolore può portare una grande storia che si chiude.
I ricordi sono indelebili e le domande sempre troppe.

Io so con certezza che non potevamo continuare a stare insieme e che ho preso la giusta decisione per il mio futuro.
So con certezza che non potrei tornare indietro.

Ma a volte mi domando come sia possibile aver amato tanto e continuare ad andare avanti con un'altra persona convinti di amarla davvero.

Forse è vero che non esiste un unico grande amore nella vita, e che in fondo è solo questione di incastri e di concomitanza di intenti.

Forse ha ragione chi ha scritto che nel mondo esistono tantissime metà compatibili ma che è solo molto difficile incontrarle.

L'unica cosa che ho imparato, per certo, è che sono una persona volubile in amore, e non così glaciale come con orgoglio ero convinta di essere.

Vittima della mia fame di felicità, ormai non do mai nulla per scontato, compresa sicuramente la stabilità di un rapporto che per quanto fantastico potrebbe dissolversi da un momento all'altro senza che io me ne accorga, come ha imparato P. per colpa mia.

E se P. ora è felice e io sono innamorata, forse tutto questo ci ha semplicemente insegnato che la vita fa schifo, a volte, ma che c'è sempre uno scopo più alto, un obiettivo e un disegno grande per tutti noi.
Un disegno, però, che dobbiamo fare con la nostra stessa mano perchè da soli, gli eventi, non accadono mai.

sabato 5 novembre 2011

Diventare grandi



Dopo un'intensa ed economica sessione di shopping mattutino e riflessioni di vario genere scambiate su altri blog, pulire il mio buco di casa mi sembra davvero una delle fatiche di Ercole.

Fuori c'è un tempo da cani ma so che la mia metà scorrazza nel mondo dei sogni post-lavoro del sabato e io debbo solo attendere ancora un paio d'ore per ri-abbracciarlo.

In questi giorni oltre a piovere acqua in tutta Italia con conseguenti disastri che solo il nostro paese e pochi altri nell'Asia del sud sembrano non saper gestire, pare che il mio giro d'amicizie stia maturando idee tutte nuove, come fosse una malattia batterica che s'attacca da una all'altra.

E mentre una si laurea e l'altra è incinta, ce n'è una terza che progetta un matrimonio e altre che sognano i figli.

Io che a ventitrè anni penso ancora di esser una ragazzina sembro non esser troppo aggiornata su ciò che "si dovrebbe desiderare" alla mia età.
E mentre continuo a dar delle pazze alle mie amiche rincitrullite dalla moda del "diventare grande in fretta" mi trovo spesso a domandarmi quanto folle sia acquistare una casa e affittarla per poter mettere a rendita tutti i soldini che sto fortunatamente guadagnando in questo fruttuoso periodo.

Forse sarò l'ultima di tutte a sposarmi o a figliare, ma per lo meno la mia prole avrà un tetto sotto cui vivere....!

Sex talk in class



(Adoro Hugh e Stephen!)

Quando in quinta elementare eravamo ormai agli sgoccioli delle lezioni che ci preparavano all'esamino finale, la maestra di italiano decise di porre agli studenti una domanda che ci aveva già fatto il primo giorno di scuola, cinque anni prima.

"Vediamo ragazzi, ditemi ora quali sono i vostri sogni. Cosa vorreste fare da grandi?"


Mentre tutti si davano un tono di bambini vissuti, cambiando il loro "infantile" sogno di diventare astronauti in quello di ingegneri aeronautici e le bambine ripetevano come una litania che la veterinaria o la maestra potevano esser impieghi a loro più adeguati, io decisi di concludere i miei cinque anni da brava studentessa mantenendo intatto quello che fu il sogno espresso il primo giorno di scuola, annunciando che avrei continuato a perseguire il mio sogno di diventare una cantante.

Ricordo ancora l'agghiacciante sguardo della maestra, accompagnato da una smorfia che riusciva a renderla incredibilmente brutta.
"Possibile mai che questi cinque anni non ti abbiano insegnato nulla Giorgia?"
Il mio sguardo folgorato dalla sua rabbia si puntò sulle mie scarpe in segno di vergogna.
"Non ti ho certo chiesto quale sia il tuo insulso sogno irrealizzabile! Ti ho chiesto qual è il lavoro, il VERO lavoro, che pensi possa darti da mangiare da grande!"
Il mio amore per le provocazioni era già grande ma, visto l'attacco feroce, evitai di premere l'acceleratore sulla burla e smisi di rispondere, quasi indispettita dalla sua arroganza.
Ne seguì un lungo monologo all'intera classe su come si debba crescere in fretta, senza perder tempo con sogni idioti, e su come responsabilizzarsi e costruirsi un futuro non siano impegni rimandabili.

Al suono della campanella corremmo tutti fuori in giardino.
Ricordo ancora quell'albero sotto la cui ombra noi bambine ci mettevamo in cerchio a giocare a "schiaccia-sette".
In realtà quel giorno me ne sarei stata volentieri per conto mio, ferita com'ero dalla vena sadica della maestra che, ne ero sicura, voleva solo offendere i miei sogni e non certo insegnarmi qualcosa di costruttivo per il futuro.
Del resto io a casa avevo già qualcuno che faceva di tutto per distruggere ogni mio idilliaco viaggio mentale verso un futuro diverso.
Speravo, almeno a scuola, di ricevere un po' di comprensione, anche se sapevo già che cantare non era certo un futuro accettabile per una bambina "sveglia" come me.

Le amichette, di cui avevo sottovalutato la sensibilità, vennero in soccorso dei miei sensi feriti e mi invitarono a giocare a palla.
"Va bene che vuoi fare la cantante, - mi disse ridendo Sara - ma non potevi dirle che vuoi studiare medicina? Almeno ci avrebbe risparmiato le urla per tutta l'ora!"

Non aveva torto Sara, colei che tutti ammiravano per pacatezza e tranquillità, bambina che ha ispirato molti dei miei respiri calmanti nei seguenti dieci anni di frenesia totale.

"Lo sai che mi piace farla arrabbiare!" - spiegai sorridendo, sperando di placare anche il risentimento del gruppo che per colpa mia s'era sorbito gli urlacci.

"Daccordo, ma ci sarà pure qualcosa che vuoi fare da grande oltre la cantante! Secondo me diventerai un avvocato, mia mamma dice sempre che gli avvocati sono polemici e hanno sempre la risposta pronta, proprio come te!"

"Ovvio che c'è qualcosa che voglio fare, ma non verrò certo a dirlo a voi!"

Forse ero stata un po' acida, ma mi dava fastidio l'idea che chiunque della mia età potesse impormi una riflessione del genere.

Fu' così che sotto la pressione quasi isterica del gruppo, e a solo dieci anni, dissi per la prima volta una cosa che segnò forse il mio destino.

"Se proprio devo scegliere farò o la suora o la prostituta! Se la passano bene entrambe, senza troppe responsabilità importanti hanno entrambe la possibilità di mangiare a fine mese senza sfacchinare troppo sotto padrone."

Mentre le altre bambine continuavano a guardarmi perplesse, alcune quasi infastidite da quella che sembrava l'ennesima provocazione per farle inorridire, io stessa mi trovai d'accordo con Sara quando tutta seria sentenziò:

"Be', io come suora non ti ci vedo proprio. La prostituta è un lavoro che ti si addice di più!"

giovedì 3 novembre 2011

Amore



Leggo spesso blog a destra e sinistra e, anche se spesso non commento, ne ricavo fin troppi spunti di riflessione.
Così accorgendomi di quante dolci e fantastiche donne siano alle prese con cocenti delusioni amorose mi rendo conto ogni giorno di più di quanto sia fortunata ad avere il mio splendido tesoro.

Stamani mi sono svegliata con il suo braccio che mi cingeva un fianco mentre l'altra mano mi accarezzava dolcemente i capelli.
La sensazione di calore e dolcezza che mi ha regalato è qualcosa che a parole non riuscirei mai a spiegare, ma che mi accompagna ancora dopo ore che, a malincuore, l'ho dovuto lasciare andare a lavoro.

Lo amo davvero, amo il suo esser fermo e irremovibile sui proprio principi ed esser sempre disposto a piegarsi ai miei piccoli bisogni.

Come ad Halloween quando siamo usciti a cena con gli amici e mi ha supportata nel mio infantile tentativo di far mettere a dieci trentenni una mascherina sugli occhi e andar in giro mascherati.

Come ieri che c'era il compleanno di una mia amica, una cenetta informale per pochi intimi al ristorante cinese.
Cucina cinese + uscita infrasettimanale costituivano l'accoppiata perfetta perchè LUI mi dicesse di no.
E invece s'è piegato a provare per la prima volta nella sua vita un pollo alle mandorle e a far tardi anche se stamani alle 6 era pronto per andare al lavoro.

E ha scherzato e riso con i miei amici, e mi ha riempita di coccole al risveglio, mi ha accarezzato il pancino dolorante e sussurrato dolci parole nelle orecchie.

E poco fa, quando è venuto a prendere il caffè in pausa pranzo, mi ha ripetuto come ogni giorno quanto mi ami.

Lo so, faccio schifo. Sono zuccherosa da portare chiunque al diabete.

Ma questa sono io con Lui.

Una "me" così innamorata da non capirci più nulla e da amare tutto il mondo come fosse illuminato di una luce diversa mai vista prima.