giovedì 15 settembre 2011

Work...in progress

Passo otto ore al giorno dentro un insulso ufficio, attorniata da persone che devono aver passato il periodo del liceo a fare occupazioni e a lamentarsi di professoresse sempre in malattia, vista la loro incredibilmente vasta ignoranza su ogni singolo argomento di cultura generale.

"Ti dispiace se do il tuo numero ad un mio amico?"
Di solito questa frase per me è meglio di una festa a sorpresa per il mio compleanno.
Nuovo cliente vuol dire nuovo cliente fisso.
Nuovo cliente fisso vuol dire molti più soldi.

Il fatto che i miei clienti diventino sempre dei "fissi" a volte mi fa sorgere qualche serio dubbio sull'adeguatezza dei miei prezzi. Mi chiedo spesso se non mi faccio pagare troppo poco per tutti i miei apprezzatissimi servizi.

Ma in fondo non mi importa niente.
Faccio tutte le regole io e il resto non conta.

Mi chiama 2 volte per confermare l'appuntamento.
Elegante e gentile, si fa trovare vestito casual, con un paio di mocassini viola che attirano subito la mia attenzione.

Come molti altri miei clienti al primo appuntamento, si dilunga nel racconto della propria vita, avvocato, amministratore delegato di un paio di società, presidente del comitato di controllo di molti enti del comune di Roma.
Seduto accanto a me sul divano, tiene un bicchiere d'acqua in mano e ne ne offre uno anche a me.

Riceve una telefonata. Vedendo il nome sul display mi chiede scusa dicendo che deve proprio rispondere.
Dal telefono risuona una voce maschile, profonda, molto familiare.
Lo chiama per nome, ridono insieme e organizzano un viaggio con le rispettive mogli nella terra madre.
L'accento meridionale del mio cliente è magistralmente camuffato da quelli che devono esser interi decenni passati a studiare dizione se non addirittura arte oratoria.

Appena finisce la telefonata mi guarda sorridendo e mi spiega che il suo amico al telefono è una persona importante, un europarlamentare di cui non può dirmi il nome ma che da suo cliente è divenuto un grande amico negli ultimi 20 anni.

Non so da quale parte nascosta del mio cervello sia uscito fuori il nome, ma appena l'ho pronunciato ad alta voce lui è rimasto basito.

"Come fai a conoscerlo?" - mi chiede.
E ancor più sconvolto mi chiede come sia possibile che io l'abbia riconosciuto sentendo il riverbero della voce da un cellulare.

Non posso certo confessargli che il suo amico è stato un mio cliente, non sarebbe professionale.
Del resto Roma può esser grande agli occhi di chi non la abita, ma io ci sono nata e cresciuta e in fondo le persone che contano son sempre molto poche.
Tra di loro, ovviamente, i miei clienti hanno una buona percentuale di presenza.

Gli confesso allora che mia mamma si interessa di politica, che io stessa ho partecipato a diverse campagne elettorali.

Inizia così una specie di colloquio sulla mia vita, scopriamo un amore comune per la Calabria (è nato a pochi chilometri dal paese del mio fidanzato...com'è piccolo il mondo), mi domanda del mio curriculum scolastico.
"4 lingue? complimenti!"
"che lavoro fai?" - e ancora - "ti piacerebbe cambiare?"

Le domande personali dei clienti mi mettono sempre in imbarazzo.
Con i clienti io sono una dolce Geisha pronta a soddisfare ogni esigenza, in ufficio invece sono una iena. Una Leader che comanda a bacchetta i propri subordinati e fa sentire degli imbecilli persino i capi, consapevole che solo in questo modo il rispetto per una "ragazzina" possa esser garantito sempre.

Mi continua a dire che devo inviargli il mio CV.

"Sei così elegante e raffinata, ti troveresti benissimo a lavorare in una delle aziende di cui sono presidente!"
E poi fa il nome magico.
Un'azienda storica del comune di Roma, la conosco ed ho sognato ad occhi aperti quegli uffici per anni.
Mi racconta di come l'ambiente sia molto newyorkese, di come le ragazze siano tutte splendide come me, eleganti e qualificate e di come il lavoro sia ben pagato e ultra-selezionato.

"Dimmi il tuo nome, così quando mi mandi il Curriculum lo seleziono subito!"
"Facciamo così: ti manderò il mio CV, ma senza dirti il mio nome. Se lo riterrai valido mi selezionerai tu!"
"Ma hai idea di quanti me ne passino sotto il naso?"
"Non importa, se mai entrerò a lavorare da te, voglio che sia per merito e non per raccomandazione!".

Sembra apprezzare molto il mio ragionamento, anche se non lo condivide a pieno.

Decidiamo finalmente di dedicarci al vero motivo del nostro incontro, ma una volta uscita dal suo appartamento l'emozione più forte che mi è rimasta impressa è l'immagine di quei corridoi, di quegli uffici e di quelle persone con cui già so che vorrei tanto lavorare!!

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